Computa & Compara Interviste News

Superbonus: UPB smonta gli studi che difendono la sostenibilità del 110%


Presidente Cavallari: l’aliquota deve essere fissata ad un livello che eviti che lo Stato si sostituisca ai privati.


Il Superbonus è stato concepito come una misura anticrisi provvisoria, che prevede una detrazione fiscale inizialmente del 110% e poi abbassata al 90%.

A causa delle continue proroghe, il Superbonus è costato più del previsto, ma ha contribuito per l’1% alla crescita del Pil.

Lo ha affermato Lilia Cavallari, presidente dell’Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb), intervenuta il 2 marzo scorso in audizione in Commissione Finanze e Tesoro del Senato nell’ambito dell’indagine conoscitiva sugli strumenti di incentivazione fiscale, con particolare riferimento ai crediti di imposta.

Nel ricostruire il costo del Superbonus e l’impatto sulla crescita del settore costruzioni, la presidente Cavallari ha smontato le analisi dei privati, che puntano a sostenere la bontà e la sostenibilità economica del Superbonus.

La diffusione dei dati lascia intravedere quali saranno le prossime mosse del Governo, peraltro già intraprese.


Kukua Design

Superbonus: ha fatto crescere il PIL dell’1%

Qual è il reale impatto del Superbonus per l’economia italiana?

Il nocciolo della questione, su cui le forze politiche e gli addetti ai lavori si scontrano, è se l’impatto del Superbonus è giustificato dalla crescita per il settore delle costruzioni, l’indotto e l’economia in generale.

Cavallari ha spiegato che nel biennio 2021 - 2022 il settore delle costruzioni ha registrato una crescita marcata, ma l’aumento dipende solo in parte dagli investimenti sulle abitazioni, uniche beneficiarie del Superbonus.

Secondo i dati Istat, riportati da Cavallari, gli investimenti in costruzioni residenziali hanno determinato una crescita del PIL pari al 2%.

Usando il modello macroeconometrico dell’Upb, Cavallari ha affermato che “è possibile ricostruire che metà del contributo sarebbe direttamente ascrivibile all’incentivo fiscale”.

Questo significa che il Superbonus ha determinato una crescita del PIL pari all’1%.

Gli studi sulla crescita generata dal Superbonus

Cavallari ha ricordato che sul Superbonus sono stati condotti diversi studi, in prevalenza svolti da analisti privati e associazioni di categoria. Si tratta di analisi che, sostiene Cavallari, sono fortemente influenzate dalle ipotesi di riferimento adottate.

Diversi studi, spiega, considerano l’intero ammontare ammesso a detrazione come impulso dato al settore delle costruzioni, mentre solo una quota delle detrazioni si riferisce a investimenti effettivamente conclusi, che quindi hanno già stimolato l’attività economica.

Molti studi, a eccezione di quello condotto dalla Banca d’Italia, trascurano la parte di investimenti che si sarebbe comunque effettuata in assenza del Superbonus.

Concentrandosi su alcuni aspetti tecnici, Cavallari ha spiegato che “alcune analisi sono state effettuate unicamente con le tavole intersettoriali (I/O), che implicitamente assumono che il circuito reddito-spesa che si realizza tra domanda e offerta sia in equilibrio, per cui la spesa effettiva riguarda l’intero ammontare dell’investimento; tuttavia, la forte diffusione della cartolarizzazione del credito e quindi il mancato esborso monetario effettivo di chi domanda l’investimento (le famiglie) potrebbe generare un effetto moltiplicativo inferiore a quello desumibile dalle tavole I/O, in presenza di vincoli di liquidità delle imprese”.

Gli studi sul Superbonus sono numerosi.

Alla fine del 2021, il Cresme ha rilevato un saldo positivo per il Paese di 36 miliardi di euro, ma ha anche concluso che il payback del Superbonus è insostenibile.

Diversamente, a luglio 2022, l’Ance ha rilevato che il 47% dell’investimento torna sotto forma di maggiori entrate. 

Nello stesso mese, il CNI ha stimato una spesa di 19 miliardi e un gettito fiscale di 7,7 miliardi, pari al 40% della spesa per lo Stato.

Sempre il CNI, a settembre, ha rilevato un costo, in termini di detrazioni a carico dello Stato pari a 29,5 miliardi e un gettito ficale pari a 11 miliardi, pari quindi a circa il 37% dell’investimento pubblico.

Il Censis a novembre 2022 ha affermato che il gettito fiscale generato dal Superbonus ripaga il 70% della spesa.

Sembra quindi che lo sguardo vada allargato a tutte le componenti in grado di determinare la crescita effettiva.

Superbonus: il costo della misura

Cavallari ha ripercorso le proroghe che hanno interessato i bonus edilizi e, da ultimo, anche il Superbonus.

Dal 2008 al 2019 le detrazioni effettivamente usufruite sono aumentate da 2,6 miliardi a 9,2 miliardi.

Con la legge di Bilancio 2020 sono state inserite misure che hanno equiparato le detrazioni a una forma diretta di spesa. L’intero costo dell’efficientamento energetico e del miglioramento delle condizioni antisismiche degli edifici, ha osservato Cavallari, è stato posto a totale carico dello Stato.

Nel 2020 è stato inoltre introdotto il Superbonus ed è stata potenziata la possibilità di fruire di queste agevolazioni sotto forma di sconto in fattura e di credito di imposta cedibile a terzi.

Le proroghe del Supebonus oltre il periodo post pandemico, ha sottolineato Cavallari, hanno generato un aumento della spesa maggiore del previsto. Secondo le stime iniziali, il Superbonus doveva avere un costo pari a 35 miliardi.

Dai dati Enea diffusi alla fine di gennaio 2023 emerge invece che il costo sfiora i 72 miliardi.

Il costo complessivo di tutti i bonus edilizi è invece destinato a superare i 110 miliardi di euro.

L’entità della spesa ha fatto iniziare al Governo un percorso di revisione degli incentivi.

In primo luogo, l’aliquota del Superbonus è stata abbassata dal 110% al 90%.

Da ultimo, il Governo ha deciso di intervenire anche sui meccanismi di sconto in fattura e cessione del credito, vietando le operazioni collegate ai nuovi lavori.

Questo limite, che potrebbe essere ancora rivisto, scoraggerà non solo i lavori incentivati con il Superbonus, ma anche quelli che usufruiscono degli altri bonus edilizi.

Anche se, per salvare gli investimenti avviati con il Superbonus e gli altri bonus edilizi, si potrebbe prevedere un periodo transitorio, non sembra che ci sarà un’inversione di tendenza e il Superbonus sarà fortemente ridimensionato.

Una linea direttrice che sembra emergere anche dalle considerazioni iniziali della Presidente di UPB, secondo la quale perché una misura sia efficiente ed efficace, l’aliquota deve essere fissata ad un livello tale da garantire che il privato contribuisca al raggiungimento dell’obiettivo dell’agevolazione. In caso contrario, quindi con un’aliquota troppo alta, l’operatore pubblico si sostituirebbe al privato.  

Si tratta a suo avviso di un’ipotesi giustificabile solo in casi limitati, ad esempio quando il contributo privato non è possibile per mancanza di sufficienti risorse economiche.


Bonus edilizi e Superbonus: il nodo del credito di imposta

Sul tema dei crediti fiscali fermi corrispondenti al Superbonus e ai bonus edilizi, Cavallari ha spiegato che l’insieme dei crediti di imposta connessi con i bonus edilizi, con gli incentivi agli investimenti e con la crisi energetica sta mettendo a dura prova la capacità di assorbimento del sistema. 

Come illustrato dalla presidente di UPB, le compensazioni dei crediti sono passate da 8,4 miliardi del 2019 a 30 miliardi nel 2022 e sono destinate ad aumentare ancora per raggiungere, già allo stato attuale dei lavori, un picco nel 2024. In particolare, dai dati delle compensazioni dei primi due mesi del 2023 mostrano che i crediti Superbonus aumentano di 2,8 volte, quelli relativi alle facciate di 2,4 volte, mentre incrementi relativamente più contenuti, sebbene di rilievo, si osservano per l’Ecobonus (+46 per cento) e per gli altri crediti edilizi (+63 per cento).

UPB osserva inoltre riduzione della quota dei crediti compensata dalle banche e dai servizi postali (dal 79,9 per cento al 59,1 per cento) a vantaggio delle imprese delle costruzioni e della filiera dell’edilizia (da 8,8 a 17,2 per cento), delle altre imprese del settore finanziario e immobiliare (da 8,2 a 9,5 per cento) e, soprattutto, delle imprese di altri settori non coinvolti direttamente nell’esecuzione dei lavori e non appartenenti al sistema finanziario (da 3 a 14,2 per cento).

Le novità contenute nel DL 11/2023, conclude UPB, metteranno fine all’accumulazione di nuovi crediti, limitando la fruizione degli incentivi.


fonte:edilportale