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Olimpiadi invernali: Milano – Cortina 2026 a che punto siamo?


A ormai soli tre anni dalle Olimpiadi invernali si profila il rientro in pista di Torino, che dovrebbe mettere a disposizione l’Oval per il pattinaggio di velocità.
Ritardi nelle procedure e i grandi nodi delle infrastrutture in Veneto.


Tre anni sono nulla. Lo sanno bene gli organizzatori delle Olimpiadi Milano-Cortina 2026.

È recente la notizia dell’apertura da parte del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini al rientro di Torino, rimettendola in gioco dopo la sua maldestra uscita di scena. 

Motore del rientro è il problema sorto per la sede delle gare del pattinaggio di velocità, previste a Baselga di Piné, in Val di Fiemme (Trento).

La Federazione internazionale di pattinaggio ha infatti richiesto la costosa copertura dell’anello dello Stadio del Ghiaccio, la cui capienza dovrebbe anche essere portata a 5.000 spettatori. 

La spesa non preventivata oggi sembra riportare nel programma olimpico l’Oval di Torino, impianto recente, e pronto, che nel 2006 era nato per ospitare il pattinaggio veloce.



Lavori in grave ritardo

Non è tuttavia solo il forfait dello Stadio del Ghiaccio di Baselga di Piné l’unico tema sul piatto. I lavori previsti per la realizzazione di strutture e impianti, ex novo e rifunzionalizzate, e di infrastrutture per Milano-Cortina sono infatti in ritardo.

È quanto detto dal ministro a valle della Cabina di Regia convocata dal Mit per fare il punto sulla situazione tenutasi a Palazzo Lombardia a metà gennaio.

La speranza di velocizzazione delle procedure da parte del nuovo codice degli appalti, che dovrebbe diventare operativo a marzo nonostante i molti dubbi sollevati dal mondo professionale.

I maggiori problemi evidenziati sembra si concentrino in Veneto, il cui territorio concentra la maggior parte delle competizioni.

Milano infatti ospiterà l’hockey su ghiaccio, lo short track e il pattinaggio di figura, oltre ai principali villaggi olimpici che riqualificheranno aree per renderle nuove centralità urbane.

Gli interventi prevedono un maggior coinvolgimento del settore privato.

A nord est sci alpino, sci di fondo, sci freestyle, sci alpinismo, snowboard, bob, skeleton, slittino, salto con gli sci, curling, biathlon e combinata nordica, oltre al pattinaggio di velocità. 

La posizione e la tipologia di strutture richiedono invece investimenti provenienti principalmente dal settore pubblico.

Molti dei quali devono essere destinati al miglioramento delle vie di comunicazione.

Torino 2006 ha tra l’altro portato la il collegamento autostradale tra il capoluogo e Pinerolo, venue olimpica e passaggio per Pragelato e, in cima alla Valle Chisone, Sestriere.


Due infrastrutture: le varianti di Longarone e Cortina

Tra i punti nodali evidenziati sono quindi due grandi infrastrutture, necessarie a garantire il raggiungimento di alcuni dei principali cluster alpini.

Sono le due varianti di Longarone e Cortina, fortemente penalizzate dai ritardi nella progettazione e dalla difficile gestione degli extracosti più che dalla disponibilità di finanziamenti.

La prima, per cui a fine anno si è tenuta l’ultima conferenza dei servizi, dovrebbe realizzare 11 km di nuova strada dall’uscita della A27 all’imbocco della galleria di Termine.

La seconda, più complessa, è la variante sulla statale 51 di Alemagna e dovrebbe invece scavare nel sottosuolo di Cortina, permettendo al traffico di non attraversarne il centro.

Anch’essa ha visto a dicembre la conferenza dei servizi per l’esame del progetto di fattibilità tecnica ed economica.

Per entrambe sono in valutazione i progetti di piccole varianti sostitutive, visto che mancano solo tre anni al 2026.

Il rischio è che i territori si trovino a gestire flussi anomali di traffico, sebbene limitati al tempo delle gare, con le attuali infrastrutture.


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Ski Dome in Piemonte: un nuovo futuro per la pista di bob di Cesana?

Nel frattempo, sulle Alpi occidentali c’è un altro dibattito più che aperto su un altro degli impianti di Torino 2006.

Si tratta della pista da bob di Cesana Torinese che, rimasta abbandonata per anni, era una delle strutture che potenzialmente il Piemonte avrebbe potuto offrire per il 2026. 

Affianca le offerte di collaborazione a una difficile eredità olimpica e a progetti per il futuro che non mettono tutti d’accordo.

Il Comune dell’alta Valle di Susa ha infatti reso pubblica l’idea di una struttura per lo sci al coperto che potrebbe prendere il posto della pista. 

Ski Dome, con i suoi 870 metri, potrebbe diventare la più lunga pista al coperto d’Europa, aprendosi anche all’organizzazione di gare e allenamenti in tutte le stagioni dell’anno.

La sua realizzazione, con un costo stimato di circa 50 milioni di euro, dovrebbe essere supportata da investimenti privati, ma i dubbi non sono pochi.

Non è infatti sufficiente l’idea di avere una struttura ancora unica in Italia, che aprirebbe la possibilità di frequentare questa parte di montagna anche d’estate.

Dall’altra i costi ambientali, anco più in anni di siccità quasi drammatica, rischiano di impattare a tal punto che anche Legambiente si è dichiarata contro il progetto.


fonte: teknoring | Foto: © SOM Pixelflakes