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Catasto: cronaca di una riforma sofferta


Via libera alla riforma del Catasto. La Commissione Finanze della Camera respinge l’emendamento che voleva cancellare l’articolo 6 della delega fiscale.


Il malcontento e le tensione politica si abbatte sulla riforma del catasto, passata per un voto. Con votazione finale, 23 a 22, la Commissione Finanze della Camera ha respinto l’emendamento del Centrodestra che voleva cancellare l’articolo 6 della delega fiscale e quindi lo stop alla revisione del catasto con la nuova mappatura dal 2026. Insomma, un vero muro contro muro si è consumato sulla riforma del catasto, mettendo a dura prova la maggioranza di Governo.


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L’articolo della discordia di una riforma travagliata

Il problema che ha creato non poche tensioni, all’interno di alcune forze politiche, è stato l’articolo 6 delle legge delega sulla riforma fiscale e riguarda appunto la revisione del catasto. Anche se parliamo ancora di disposizioni poco specifiche, l’intento della norma è realizzare una sorta di “modernizzazione” dei criteri di rilevazione, tramite una nuova mappatura degli immobili (identificando gli abusivi e i terreni agricoli edificabili) e,  contestualmente, adeguare i valori catastali agli attuali prezzi di mercato, così come della rendita patrimoniale, prevedendo meccanismi di adeguamento periodico. L’intervento sarà effettivo a decorrere dal 1° gennaio 2026.

Lo scopo principale della riforma è quello di scovare immobili e terreni non accatastati correttamente o “fantasma” (non registrati) e,  quindi, “punire” i proprietari che non pagano tasse. Rideterminare i valori di mercato delle abitazioni attualizzandole alle aree in cui sono costruiti, realizzando una nuova mappa con l’aumento delle zone catastali nelle città.

I principi e criteri direttivi della riforma del catasto

Secondo quanto previsto dal testo della riforma all’unità immobiliare andrà attribuito un valore patrimoniale e una rendita attualizzata, rilevati in base ai valori di mercato. 

Quest’ultimi, potranno subire anche meccanismi di adeguamento periodico.

Per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico o artistico, sono verranno introdotte riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario considerati i più gravosi oneri di manutenzione e conservazione. 

Tali informazioni non dovranno essere utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi derivanti dalle risultanze catastali né, comunque, per finalità fiscali.

Abbattere le discriminazioni fiscali in materia catastale

Uno dei punti fermi della riforma e quella di attualizzare le rendite e attribuire un valore patrimoniale all’immobile in base agli attuali prezzi di mercato. Ad oggi, si assiste ad una situazione paradossale: immobili siti in centri storici, mai interessati dalle revisioni catastali, versano un Imu nettamente inferiore rispetto a innumerevoli appartamenti in periferia ristrutturati, classificati come immobili di pregio.

Riforma del catasto: un vero restyling 

A prescindere dalla querelle politica che si è consumata in questi giorni, quella del catasto è una riforma improcrastinabile che sicuramente non potrà bloccata, visto che,  come riportato dall’Ufficio Studi di Montecitorio, l’attuale sistema estimativo catastale è fondato su una disciplina che risale al lontano 1939.

Un primo tentativo di riforma ci fu nel 2014  che cerò di introdurre delle funzioni statistiche collegate al valore di mercato, localizzazione e caratteristiche edilizie dei beni. Tali funzioni avrebbero inevitabilmente prodotto nuovi valori con contestuale aggravio del carico fiscale. Per rendere meno “dolorosa” questa modifica, si avanzò l’ipotesi di rimodulare le aliquote impositive. Ma il tentativo di riforma, rimase tale.

L’impatto sul patrimonio immobiliare

Secondo alcune statistiche, la riforma riguarderà inevitabilmente l’intero patrimonio immobiliare composto da quasi 76,5 milioni di immobili o loro porzioni. Quasi 66 milioni sono già censiti nelle categorie catastali ordinarie e speciali, con attribuzione di rendita. La quota maggiore è rappresentata dagli immobili del gruppo A e C, che corrispondono a quasi i 2/3 del totale. Mentre, oltre 1,2 milioni di unità immobiliari urbane non censite in catasto emerse attraverso le attività di foto-identificazione.

Appuntamento al 2026

A partire da quando verrà emanato il decreto di riforma del catasto e fino alla fine del 2025 non cambierà nulla, ma ciò non toglie che il processo di modernizzazione dovrà essere avviato attualizzando le informazioni presenti in catasto attribuendo all’unità immobiliare un valore patrimoniale e una rendita attualizzata, rilevati in base ai valori di mercato, che potranno esser adeguati periodicamente.
Queste nuove informazioni però, viene precisato nel testo, non dovranno essere usate per la determinazione della base imponibile dei tributi né per finalità fiscali. In pratica, le nuove risultanze del catasto non andranno a incidere sulle tasse che paghiamo.

Fonte: teknoring