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Quando la tutela dell’ambiente prevale sulla libertà di impresa


Parere negativo del Consiglio di Stato sul ricorso degli imprenditori delle cave di marmo di Carrara: nessuna violazione della libertà di impresa quando è a rischio l’ambiente.


Un radicato cambiamento di sensibilità nella tutela dell’ambiente, legittima Regioni e Comuni a porre limiti alla libertà di impresa per tutelare i valori superiori del paesaggio. Così il Consiglio di Stato ha reso parere negativo al Ministero per la Transizione Ecologica sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, presentato dalle imprese del marmo di Carrara, contro il Piano Cave della Regione Toscana. Le norme contestate dagli imprenditori prevedevano l’inserimento di quantitativi minimi di blocchi per stabilire la resa delle cave e consentirne l’escavazione. Al di sotto di tali volumi commercializzabili, il Piano prevede infatti la chiusura della cava.
Per i ricorrenti, si sarebbe trattato di una inaccettabile limitazione della libertà di iniziativa economica, priva di fondamento legislativo, tale da inibire il mantenimento di cave anche con rese minime, ma economicamente produttive.

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Tutela dell’ambiente e libertà di impresa: il parere del Consiglio di Stato

Non sono d’accordo i Giudici di Palazzo Spada, che hanno confutato le preoccupazioni dei ricorrenti con una serie di ragioni:

  • le Regioni, nell’ambito delle loro competenze legislative, possono introdurre condizioni e limiti alla proprietà privata ed all’iniziativa economica (ciò avviene ad esempio in ambito urbanistico con le limitazioni allo jus aedificandi, e nel settore del commercio);
  • il Piano regionale cave è parte attuativa della pianificazione paesaggistico territoriale, fonte di rango sovraordinato e nel cui ambito devono essere interpretate le disposizioni del Piano;
  • gli art. 41 e 42 della Costituzione impongono un bilanciamento tra libertà economica e limiti di utilità sociale o di pari rango costituzionale, come appunto i beni dell’ambiente e del paesaggio. Proprio in attuazione di tali norme costituzionali, la Regione ha il “potere-dovere” di introdurre misure di tutela del paesaggio e dell’ambiente che limitino la libera iniziativa economica e la proprietà privata;
  • la Corte Costituzionale ha affermato che sebbene la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema sia di competenza esclusiva dello Stato, ciò non significa che le Regioni non abbiano propria autonomia nell’esercizio delle proprie attribuzioni legislative, di prevedere norme di tutela più rigorose;
  • la copertura costituzionale e normativa delle misure restrittive della libertà economica a tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale, è garantita dagli artt. 9 e 32 della Costituzione, nonché dall’art. 3 comma 2 del Codice dei Beni Culturali (“L’esercizio delle funzioni di tutela si esplica anche attraverso provvedimenti volti a conformare e regolare diritti e comportamenti inerenti al patrimonio culturale”) e dall’art. 145 comma 4, riferito alle previsioni dei piani paesaggistici (I limiti alla proprietà derivanti da tali previsioni non sono oggetto di indennizzo”).

Limitazioni come strumento di “sostenibilità”

Ma il parere del Consiglio di Stato non si limita a ribadire la supremazia della tutela ambientale, in contrapposizione con l’iniziativa imprenditoriale; piuttosto apre la strada ad un modo di fare impresa che guarda alla “sostenibilità” e all’uso attento delle risorse nell’ottica di un migliore utilizzo economico.

Affermano i giudici di Palazzo Spada che ”non deve essere sottovalutato che le misure del Piano Regionale Cave, oggetto di lite, perseguano anche finalità di valorizzazione dell’attività estrattiva, orientandone lo svolgimento in modo da favorire la valorizzazione dei materiali da estrazione ed essendo dunque finalizzate prioritariamente alla gestione sostenibile della risorsa”. 

Confermando la legittimità del Piano della Regione Toscana il Consiglio di Stato segna dunque la strada ad un nuovo approccio al rapporto tra tutela dell’ambiente e libertà di impresa, non più considerati in contrasto tra loro, ma conciliati verso un modello economico all’insegna della “sostenibilità”.


Fonte: teknoring