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Nulla osta paesaggistico: non basta per il condono edilizio in area vincolata


Il parere di compatibilità paesaggistica è legittimo solo quando contiene la valutazione del caso concreto.


Condono edilizio in area vincolata, quali limiti per il nulla osta paesaggistico? Il Consiglio di Stato fa chiarezza.

Il condono edilizio nel nostro Paese deve fare spesso i conti con i vincoli a tutela delle tante bellezze paesaggistiche. Per il Consiglio di Stato, i controlli degli enti preposti al vincolo e della Soprintendenza devono essere sempre rapportati al caso concreto. Non basta quindi dire che esiste il vincolo, perché si finirebbe così per vanificare il senso delle leggi sul condono, ma non è legittimo neppure un parere favorevole motivato in modo generico e stereotipato. Con la sentenza n. 8163/2021 il Supremo Collegio entra nel merito delle valutazioni indispensabili e del contenuto necessario del parere di compatibilità paesaggistica.

Condono edilizio in area vincolata: il caso

L’intervento edilizio oggetto della domanda di condono riguardava la costruzione, senza titolo edilizio, di un telaio in cemento armato da adibire a civile abitazione, situato in area soggetta a vincolo paesaggistico d’insieme (posto dal DM 18 ottobre 1954). Dopo l’edificazione del manufatto, la Regione Lazio confermava il vincolo ed inseriva l’area nella zona paesaggistica “aree alberate e cespugliose compromesse, aree ad insediamento diffuso a bassa densità”. Le NTA della zona prevedevano sì l’edificabilità della zona, ma alla condizione di salvaguardare le alberature esistenti o, in caso contrario, di ripristinarne quelle abbattute con un numero pari di nuove.

Nulla osta paesaggistico

Nel 1995 il proprietario aveva richiesto il condono del fabbricato, proponendo domanda di nulla osta paesaggistico ai sensi dell’art. 32 L. 47/85. La Regione Lazio aveva reso parere favorevole. Nella motivazione del parere l’ente rappresentava:

  • l’assenza di vincoli di inedificabilità assoluta
  • la mancanza di motivi di contrasto del fabbricato col contesto paesistico vincolato,

e si dilungava poi nella richiesta di una serie di dettagli da rispettare nel completamento del fabbricato ( intonaci e tinteggiature in linea col colore delle terre naturali, infissi in legno, rivestimento delle falde del tetto con coppi alla romana etc…).

La Soprintendenza annullava invece il parere favorevole della Regione, ritenendo l’edificio:

  •  totalmente abusivo
  • idoneo a determinare la trasformazione totale tanto della destinazione urbanistica che di quella paesaggistica
  • di notevole impatto ambientale

Il proprietario proponeva allora ricorso al TAR contro il parere della Soprintendenza, lamentando:

  • il difetto di motivazione dello stesso
  • l’erronea qualificazione della zona come boschiva anziché come zona residenziale
  • il contrasto del decreto con la normativa del condono edilizio;

Il Tar Lazio rigettava il ricorso ed il proprietario si rivolgeva al Consiglio di Stato, impugnando la sentenza.

Il giudizio di compatibilità paesaggistica

Per il Consiglio di Stato, il giudizio di compatibilità paesaggistica, specie quando riguarda un’opera realizzata senza titolo edilizio, di nuova costruzione e posta in area vincolata, deve essere assistito necessariamente “dalla obbligatoria, puntuale e congrua motivazione, che dia esatta e percepibile giustificazione dell’ulteriore impatto sul vincolo”.

In tutti i casi regolati dall’art. 32 L. 47/85, chiarisce il Supremo Collegio, le valutazioni dell’autorità preposta alla tutela del vincolo devono essere rapportate al caso concreto e non possono limitarsi a ripetere il contenuto delle norme vincolistiche. Così facendo infatti si renderebbe sempre ed in ogni pratica un parere negativo, vanificando il senso delle normative sui condoni.

Ma allo stesso tempo è vera anche l’affermazione reciproca. E cioè, il parere favorevole non può essere motivato in modo generico e stereotipato, come è stato ritenuto dai Giudici di Palazzo Spada quello reso dalla Regione nel caso in esame, che si dilungava in prescrizioni di dettaglio utili semmai a rendere più armonioso con il paesaggio un intervento già ritenuto meritevole di assenso.
La motivazione data dalla Regione si limitava a riportare che “l’’edificio attoreo “… non presenta… motivi di contrasto con il contesto paesistico e panoramico vincolato tale da impedirne l’inserimento nel medesimo…”, frase, questa, definita dal Consiglio di Stato come “stereotipata e buona a giustificare qualunque insediamento, di qualsiasi tipo e natura”.

La sentenza in commento traccia quindi le caratteristiche ed i contenuti indefettibili della motivazione del giudizio di compatibilità paesaggistica.

Giudizio di compatibilità paesaggistica – elementi necessari
Motivazione obbligatoria, puntuale e congrua
Giustificazione dell’impatto dell’intervento edilizio sul vincolo
Ponderazione se il costo per la tutela del vincolo sia sopportabile
verifica dell’eventuale presenza di benefici, o almeno di modifiche non pregiudizievoli sul vincolo tenendo conto di alcuni fattori fra cui:durata dell’interventoimpatti cumulativi
irrilevanza del fatto che l’area sia già stata anche irreversibilmente compromessa (gli impatti precedenti non possono giustificare danni ulteriori, ed anzi sollecitano una tutela ancora più attenta e puntuale per evitare l’ulteriore deterioramento della situazione)

Parere paesaggistico e impatti cumulativi

Di particolare interesse, il passaggio della sentenza che si sofferma sulla questione dei precedenti interventi edilizi già eseguiti ed assentiti sull’area vincolata. Secondo i Giudici di Palazzo Spada, l’esistenza di precedenti interventi nella stessa area, non giustifica il rilascio di un parere favorevole. Al contrario, l’ente preposto alla tutela del vincolo, deve procedere ad una valutazione ancora più cauta, tenendo conto degli impatti già verificatisi in una certa area, “per evitare il rischio di deterioramento ulteriore d’una situazione già divenuta fragile”.

Dunque gli interventi precedentemente assentiti nella stessa area vincolata non valgono a motivare il rilascio di un parere favorevole, e l’effetto cumulativo degli impatti sul territorio vale a conformare la quantità ed il tipo di interventi ammissibili in coerenza con le regole di tutela.

Condono edilizio in area vincolata: il potere di cogestione sul vincolo tra Regione e Sopraintendenza

Nel caso in esame, come si è visto, la Soprintendenza aveva annullato il precedente parere favorevole della Regione. Nel proprio ricorso, il proprietario aveva dunque lamentato il fatto che il potere di cogestione sul vincolo non autorizzasse la P.A. statale a riesaminare nel merito le valutazioni già compiute dall’altro ente.

Ma per il Consiglio di Stato non si era trattato affatto di un “riesame nel merito”, bensì di una necessaria verifica di legittimità dell’operato del primo ente. A riguardo il Supremo Collegio afferma dunque il principio di diritto secondo cui “il potere ministeriale d’annullamento (recte, di cogestione) del parere favorevole al condono d’un manufatto realizzato in zona vincolata, proprio perché costituisce l’estrema difesa dei valori ambientali e del paesaggio, ben può accertare e reprimere tutti quei profili che manifestano i sintomi dell’eccesso di potere.

Tra questi, assume rilievo in particolare il difetto di motivazione, che si ha quando l’ente che rilascia l’atto-base non abbia adempiuto al suo obbligo di giustificare in maniera adeguata la compatibilità paesaggistica dell’opera da condonare.”

Consiglio di Stato, sentenza n. 8163/2021


Fonte: teknoring