Computa & Compara News

Bonus110: sì al sequestro preventivo dei crediti ceduti nelle ipotesi di truffa


Truffa Superbonus: la Cassazione dispone il sequestro preventivo dei crediti ceduti all’intermediario finanziario nelle ipotesi di truffa.


Superbonus e truffe. Ammissibile la misura cautelare preventiva che blocca i crediti d’imposta nel cassetto fiscale della banca per impedirne l’ulteriore circolazione.

Nelle frodi collegate al superbonus 110%, deve ritenersi legittimo il sequestro preventivo/impeditivo disposto sui crediti d’imposta maturati nel cassetto fiscale dell’intermediario finanziario, che è al tempo stesso cessionario del credito e persona offesa del reato, essendo senza dubbio sussistente il requisito del periculum in mora.

Qualora, infatti, fosse consentita la possibilità di (continuare ad) utilizzare i crediti derivanti da operazioni fraudolente, ossia da fatto illecito, potrebbero aggravarsi le conseguenze del reato.
L’estinzione del diritto alla detrazione in favore del beneficiario, conseguente alla effettiva cessione del credito, non comporta, infatti, la contestuale costituzione di un nuovo credito in capo al cessionario, purgato dai vizi originari, né, tantomeno, alcun fenomeno novativo del credito ceduto.

In questi casi, è, infatti, ravvisabile, soltanto un’evoluzione (e non la sostituzione) del primo (diritto alla detrazione) nel secondo (esercizio concreto della facoltà di cessione), come espediente tecnico creato dal Legislatore, attraverso l’articolo 121 del c.d. decreto Rilancio (D.L. 34/20), ed utilizzato quale strumento necessario per agevolare al massimo la circolazione dei crediti, necessari per la ripresa economica del Paese, fiaccato dalla pandemia.

Questi i principi di diritto enunciati dalla Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 40867 del 28 ottobre 2022.



Superbonus e natura del sequestro preventivo/impeditivo

La Cassazione, nel rigettare il ricorso proposto dall’intermediario finanziario che aveva subito il blocco nel proprio cassetto fiscale di crediti conseguenti ad operazioni derivanti da procedure di efficientamento energetico in realtà inesistenti, per un importo complessivo di circa un milione di euro, ha avuto modo di precisare alcuni punti cardine della materia, attraverso un’articolata e complessa pronuncia, dalle implicazioni pratiche particolarmente rilevanti.
Ad avviso della Suprema Corte, infatti, posto che il sequestro in esame deve qualificarsi come preventivo/impeditivo, ai sensi dell’articolo 321, comma 1, codice di procedura penale, la misura si giustifica in quanto finalizzata ad evitare che la libera disponibilità di una cosa pertinente ad un reato (ossia i crediti fittizi, maturati nel cassetto fiscale del cessionario), possa aggravare o protrarre le conseguenze dello stesso ovvero agevolare la commissione di altri reati.
Tale misura cautelare, ben può ammettersi nel caso di specie, in quanto per la sua configurabilità, si richiede soltanto la prova di un legame pertinenziale tra la cosa, appunto, ed il reato.
Più semplicemente, affinché la misura sia legittimamente disposta, è sufficiente la sussistenza di un collegamento tra il fatto delittuoso e le cose sulle quali, o a mezzo delle quali, il reato è stato commesso, o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, o, ancora, che siano legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa (Corte di Cassazione, sentenza n. 28306/2019).
Il Collegio ritiene che, nel caso di specie, i crediti sequestrati alla ricorrente debbano essere considerati, per l’appunto, cosa pertinente al reato, non potendosi, viceversa, accogliere la tesi difensiva secondo la quale, una volta esercitata l’opzione per la cessione del credito, quest’ultimo sorgerebbe, in capo al cessionario, a titolo originario, quindi depurato da qualunque vizio, anche radicale, che avesse eventualmente colpito il diritto alla detrazione.
Non c’è, dunque, una sostituzione, ma un’evoluzione dell’originario diritto, che conserva, peraltro, l’identico contenuto patrimoniale: si tratta, invero, di un espediente tecnico necessario a consentire la cessione a terzi dei crediti, che, secondo il legislatore, incentiva la procedura del Decreto Rilancio e aiuta la ripresa economica del sistema Italia, messo a dura prova dalla crisi pandemica.

Sponsor Computaecompara.it

L’applicabilità del sequestro ad un terzo estraneo alla fattispecie delittuosa

Osserva ancora la Cassazione, nella sentenza in commento, che il sequestro preventivo presuppone (solo) l’esistenza di un collegamento (pertinenziale) tra il reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore, cosicché ben possono essere oggetto della misura preventiva anche le cose in proprietà di un terzo, estraneo all’illecito ed in buona fede, qualora dalla loro libera (ulteriore) circolazione possa derivare un pregiudizio, nei termini di cui all’art. 321, comma 1, codice procedura penale, sopra richiamato (Corte di Cassazione, sentenza n. 57595/2018).
Essendo riscontrabile, ad avviso del Collegio, tale possibilità nella fattispecie sottoposta ad analisi, appare legittima l’adozione della misura a carico dell’intermediario finanziario che, pure, indiscutibilmente, oltre che cessionario, è esso stesso persona offesa dal reato e che, ciononostante, ove conservasse inalterata la facoltà di ulteriore cessione di crediti simulati, potrebbe aggravare innegabilmente le conseguenze del reato o, addirittura, favorire la commissione di altri.

Il richiamo alla posizione dell’Agenzia delle Entrate

Infine, la Suprema Corte, a conferma della bontà della decisione adottata dal Tribunale del Riesame di Napoli (ordinanza del 1/03/2022, che aveva confermato la decisione del Gip del Tribunale di Napoli, impositiva della misura cautelare a carico della ricorrente), richiama espressamente la posizione manifestata sia dall’Agenzia delle Entrate, che dal suo Direttore, nel corso dell’audizione in Senato.
In particolare, l’Agenzia (con la circolare n. 23/E del 23 giugno 2022) ha affermato che “l’eventuale dissequestro di crediti, acquistati in violazione dei principi sopra illustrati, da parte dell’Autorità giudiziaria (…) non costituisce ex se circostanza idonea a legittimare il loro utilizzo in compensazione. Di conseguenza, in caso di utilizzo in compensazione di crediti d’imposta inesistenti, interessati dal provvedimento di dissequestro, gli organi di controllo procederanno parimenti alla contestazione delle violazioni (…).”
Nello stesso senso, il Direttore Generale dell’Agenzia delle Entrate, nel corso dell’audizione in Senato, innanzi alla Commissione Bilancio, in data 10 febbraio 2022, ha sostenuto testualmente: “Tuttavia, in caso di sequestro di crediti inesistenti da parte dell’Autorità giudiziaria, in quanto cose pertinenti al reato, tali crediti diventano inutilizzabili dal terzo cessionario, anche in buona fede, al quale pertanto non resta che rivalersi nei confronti del cedente.”
Sulla base di queste premesse, inevitabile, dunque, il rigetto del ricorso e la conferma della misura impugnata, con condanna alle spese della banca soccombente.

fonte: teknoring