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Il nucleare è green: adesso occorre una nuova cultura sostenibile


Alla fine ce l’ha fatta, il nucleare, a diventare green: è quello che ha deciso il Parlamento lo scorso 6 luglio 2022, mettendo la parola fine ad una diatriba che è durata fin troppo a lungo, e che affondava le sue radici in un mondo (parzialmente) diverso da quello attuale.


Il nucleare nelle cronache degli ultimi mesi

Nel corso dell’ultimo anno si è tornati a parlare di nucleare in almeno tre distinte occasioni.


La prima risale a un anno fa, quando la SOGIN (Società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, con il nulla osta del Ministero dell’Ambiente, come previsto dal Decreto legislativo n. 31 del 2010) ha pubblicato la CNAPI, la “Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee” a ospitare il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e il Parco Tecnologico.


La seconda è più recente, e prende spunto da alcune ruvide ma sensate affermazioni del Ministro della Transizione Ecologica a proposito della possibilità di produrre energia attraverso reattori nucleari di quarta generazione, che hanno riacceso l’attenzione attorno al tema dell’energia nucleare, che nel nostro Paese, dall’epoca dello sciagurato incidente al reattore di Černobyl’, è un vero e proprio tabù, valido per tutte le suscettibilità.


L’ultima, in ordine temporale, ha riguardato l’annuncio della Commissione Europea dell’attivazione delle “consultazioni con il gruppo di esperti degli Stati membri sulla finanza sostenibile e con la piattaforma sulla finanza sostenibile”, al fine di sottoporre alla loro attenzione la bozza di testo di un atto delegato complementare sulla tassonomia che copre determinate attività nel settore nucleare e del gas.



Il focus: dalle dichiarazioni ruvide del Ministro della Transizione Ecologica…

Durante un intervento di qualche mese fa, il ministro della Transizione Ecologica Cingolani, fra le altre cose, ha fatto alcune dichiarazioni a proposito dell’energia nucleare, oggetto di un dibattito mai sopito in Italia all’indomani del referendum, e oggi più che mai aperto, nell’ipotizzare le modalità attraverso le quali portare a compimento la transizione ecologica.


La dichiarazione, forse un po’ ruvida nei modi, ma comunque strumentalizzata, è stata indirizzata – cito testualmente – agli “ambientalisti radical chic […] ambientalisti oltranzisti, ideologici, peggiori della catastrofe climatica verso la quale andiamo sparati, se non facciamo qualcosa di sensato”.


Infatti, ha proseguito il Ministro, “si stanno affacciando tecnologie di quarta generazione, senza uranio arricchito e acqua pesante. Se a un certo momento si verifica che i chili di rifiuto radioattivo sono pochissimi, la sicurezza elevata e il costo basso è da folli non considerare questa tecnologia”, ha sottolineato Cingolani.


Che ha concluso evidenziando come “nell’interesse dei nostri figli, è vietato ideologizzare qualsiasi tipo di tecnologia. Stiamo ai numeri, quando saranno disponibili prenderemo le decisioni”.

Le dichiarazioni di Cingolani hanno innescato reazioni di ogni tipo, spesso in modo decontestualizzato , da parte di un “ambientalismo da sindrome Nimby”, preoccupato del proprio cortile più che alla sostenibilità, in tutte le sue sfumature.

…all’annuncio delle consultazioni per l’integrazione della tassonomia green…

La tassonomia dell’UE, specifica la Commissione:“guida e mobilita gli investimenti privati nelle attività che sono necessarie per raggiungere la neutralità climatica nei prossimi 30 anni”;stabilisce le attività nel campo dell’energia che consentono agli Stati membri di raggiungere la neutralità climatica partendo da posizioni diverse.
Il 1° gennaio 2022 è stato pubblicato un comunicato stampa relativo all’attivazione – nel giorno di San Silvestro – delle “consultazioni con il gruppo di esperti degli Stati membri sulla finanza sostenibile e con la piattaforma sulla finanza sostenibile”, al fine di sottoporre alla loro attenzione la bozza di testo di un atto delegato complementare sulla tassonomia che copre determinate attività nel settore nucleare e del gas.


Lo scopo era (ed è) trasparente (e motivato): le attività coperte dall’atto delegato – di cui si chiede il parere nella consultazione annunciata, e che per motivi di trasparenza sarebbero accompagnati dalla modifica relativa “all’informativa sulla tassonomia, in modo che gli investitori possano stabilire se e in quale misura le attività riguardano il settore nucleare o del gas, e fare così una scelta informata” – “accelererebbero l’abbandono graduale delle fonti più dannose, come il carbone, a favore di un mix energetico più verde e con meno emissioni”.

Anche in questo caso, alla richiesta di una consultazione si sono succedute gli strali degli ambientalisti d’antan, contrari ad altre forme di ambientalismo (pragmatico, innovativo ed europeo) che non siano:
  • quelle massimaliste (che, in quanto tali, sono irrealizzabili) o
  • quelle che si limitano a spostare il problema (nel tempo – quelle volte a procrastinare le decisioni – e nello spazio, quelle invece “ispirate” alla “delocalizzazione dell’inquinamento”: basta che non sia sotto casa mia, il resto non conta).

…per arrivare alla votazione finale

Il 9 marzo 2022, la Commissione ha adottato l’atto delegato sulla tassonomia, “Complementary Climate Delegated Act to accelerate decarbonisation”,
al cui interno era presente la proposta di includere – a determinate condizioni –specifiche attività energetiche legate al nucleare e al gas nell’elenco delle attività economiche sostenibili a livello ambientale, da includere nella cosiddetta tassonomia europea.


Il 14 giugno 2022, i deputati delle commissioni parlamentari per i problemi economici e monetari (ECON) e per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (ENVI) si sono opposti alla proposta della Commissione.
La scelta della plenaria ha però nuovamente ribaltato l’esito: il Parlamento europeo, infatti, mercoledì 6 luglio ha respinto la proposta di rigettare l’atto delegato della Commissione che include nella tassonomia degli investimenti verdi il gas naturale e l’energia nucleare, riconosciute dall’esecutivo UE come fonti necessarie nella fase di transizione verso un sistema energetico basato sulle rinnovabili.


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La praticabilità di una transizione energetica graduale e non ideologica (ma culturale)

Ragionevolmente, non si poteva scegliere diversamente, e fare di meglio, in questo periodo storico, in una delicata fase di ripresa post Covid e con una guerra alle porte dell’UE (che non si sa né quando né come finirà) fra i cui corollari rientra la questione energetica, data la forte dipendenza, specie di alcuni Stati, fra i quali il nostro, dal gas russo.


Le rinnovabili sono per definizione intermittenti – e comunque osteggiate da larghe fasce dell’ambientalismo oltranzista, di cui sopra, ad esempio per “motivi paesaggistici” – il petrolio e il carbone inquinano molto, molto di più del gas, il nucleare è ad emissioni zero, i sistemi di accumulo dell’energia green devono ancora svilupparsi pienamente, e noi abbiamo bisogno di energia in modo costante: fine del discorso, se si vuole essere pragmatici e sostenibili “a tutto tondo”.

Sono già state annunciate azioni legali contro la Commissione europea per l’inclusione di gas fossile ed energia nucleare nell’elenco dell’Ue degli investimenti ritenuti sostenibili: fra queste anche la campagna “Giudizio universale”, che accusa il nostro Governo di inazione nei confronti della crisi climatica in corso.
Ora, che il nostro Governo abbia delle pecche, e che fondi sulla sostanziale inazione molte delle sue scelte, è innegabile (è un dato di fatto); e che le azioni legali siano legittime è altrettanto incontestabile, fa parte del processo democratico.

Ma è altrettanto innegabile che porsi sempre e comunque “contro”, proponendo soluzioni non concretamente realizzabili, specie se accompagnate da modelli e stili di vita e culturali dissonanti rispetto alle dichiarazioni rivendicate, non porta da nessuna parte.


Tuttavia, democrazia significa anche prendere decisioni il più condivise possibile a maggioranza, senza che qualcuno possa imporre dei veti, sia ex ante nella fase di trattativa, si ex post, magari smantellando decisioni prese in precedenza solo per il cambio di colore del governo successivo. In questo modo non si va da nessuna parte, e si ricomincia sempre da capo.


L’innovazione delle innovazioni: l’orizzonte comune e la riappacificazione culturale

Certamente, ci sono i rifiuti radioattivi, pericolosi ma gestibili: con programmazione, implementazione, controlli.


Non con veti incrociati, come quello relativo alla localizzazione dei depositi dei rifiuti radioattivi: nell’attesa che finalmente si trovi un posto “idoneo”, i rifiuti giacciono in luoghi che non sono sicuri (né dal punto di vista del management né da quello ambientale/di salute), e il rischio di danni è ben più grande di quello – sicuramente più gestibile – che si contesta, a prescindere.


O come quelli posti da chi inneggia al nucleare tout court, senza spiegare, quando, dove, perché. Senza spiegare come.
Non si può gestire la complessità con una cultura oltranzista.

Ciò di cui abbiamo bisogno, ciò di cui abbiamo un disperato bisogno è un nuovo paradigma, anche e soprattutto culturale, per un ambientalismo pragmatico, innovativo ed europeo. Condiviso.


Un po’ la sintesi del pensiero del nostro compianto Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, che nel suo discorso di insediamento ha sottolineato l’importanza dell’innovazione.


Ma di un’innovazione “non solo tecnologica, che pure è tanto necessaria per la nostra economia. Quello di cui abbiamo bisogno è un’innovazione in tutti i settori, un rinnovato senso di creatività, per le nostre istituzioni, per le nostre politiche, per i nostri modi di agire e anche per i nostri stili di vita, poiché è ciò che la transizione ecologica richiede […].
Lo dico con forza: non potremo sottrarci alle nostre responsabilità quando arriverà il momento di passare dalle parole ai fatti, dai desiderata ai progetti, dalle idee alla loro traduzione concreta. Dovremo innovare in tutti i settori!
In campo istituzionale, ovviamente. La nostra Unione è imperfetta, è sempre in divenire. […].
Dovremo innovare a livello della nostra legislazione […].
Anche là dove si tratta di finanziare le nostre politiche e le nostre azioni non dobbiamo avere paura del cambiamento, non dobbiamo tremare davanti alle innovazioni”.

Parole di recente ribadite dallo stesso Sassoli in un messaggio inviato lo scorso 23 ottobre 2021 ai partecipanti di una manifestazione in quel di Taranto, “città simbolo” delle problematiche ambientali: “non è più accettabile uno sviluppo senza giustizia o una crescita senza diritti. Se la sostenibilità è la sintesi e l’orizzonte comune del nostro agire, il Green Deal e il Next Generation EU rappresentano la traduzione concreta dell’impegno europeo verso l’ambiente e le generazioni future”: provvedimenti che “delineano un cambio di paradigma che non è solo economico e sociale ma anche culturale”.

fonte: teknoring