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Quando la compatibilità paesaggistica non basta per la sanatoria edilizia


Consiglio di Stato: per la sanatoria di un abuso edilizio occorre sempre e in ogni caso il requisito della doppia conformità.


Sanatoria e doppia conformità, è sempre necessaria in caso di abuso? Risponde il Consiglio di Stato
Non basta il parere positivo di compatibilità paesaggistica per ottenere la sanatoria di un abuso. Occorre sempre e in ogni caso il requisito della doppia conformità, e cioè il rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al tempo della realizzazione dell’opera che al momento della presentazione dell’istanza. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato (sent. 8313/2021) in relazione ad un caso in cui, nonostante il parere favorevole della Soprintendenza, il Comune aveva respinto l’istanza di accertamento di conformità.

Domanda di sanatoria per l’ampliamento di un trullo

Il caso esaminato dal Consiglio di Stato riguarda un bene caratteristico del patrimonio immobiliare italiano, il trullo pugliese. I proprietari di una di queste rinomate struttura in pietra a secco avevano presentato domanda di regolarizzazione (art. 36 DPR 380/2001) di una serie di interventi realizzati senza titolo edilizio in adiacenza dello stesso. In particolare:

  • ampliamento dell’immobile preesistente mediante la realizzazione di altro trullo in aderenza di n. 1 vano letto, n. 1 vano soggiorno-pranzo, n.1 vano ripostiglio ed un wc;
  • forno a legna (m 1,55, x 2,35), con adiacente ripostiglio ( m 2,70 x 2,30 e altezza netta di m 1,90 circa), nel piazzale pertinenziale del fabbricato, realizzati in muratura portante e solaio laterocementizio;
  • piazzale pertinenziale pavimentato, antistante e retrostante i fabbricati, posto su tre livelli, collegati con piccole rampe di scale esterne.

Richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica

Accanto alla domanda di sanatoria, i proprietari avevano presentato anche la richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica, nel rispetto delle previsioni normative vigenti (art. 91, comma 5, delle N.t.a. del P.P.T.R.).

La Soprintendenza, aveva ritenuto che:

  • l’ampliamento non fosse compatibile in termini planimetrici rispetto al preesistente fabbricato,
  • le strutture dell’ampliamento inglobavano parzialmente la porzione muraria del trullo, con conseguenze negative sull’integrità dello stesso in caso di parziale demolizione.

Complessivamente, il parere di compatibilità paesaggistica era positivo, ma non in merito alla legittimità dell’intervento edilizio, quanto piuttosto per il rischio che la demolizione degli abusi potesse compromettere il trullo originario.

A seguito di questo parere della Sopraintendenza, il Comune aveva rigettato la domanda di sanatoria, e stante l’impossibilità di demolire le opere abusive senza pregiudizio per il trullo preesistente, aveva irrogato la sanzione amministrativa pecuniaria ( art. 34 comma 2 DPR 380/2001). I proprietari allora si rivolgevano al TAR per la Puglia, che tuttavia rigettava il ricorso, per mancanza della doppia conformità necessaria al rilascio della sanatoria. La questione arrivava quindi al Consiglio di Stato.

Sanatoria e doppia conformità

I giudici di Palazzo Spada precisano che il rigetto della sanatoria deciso dal Comune, era dovuto alla mancanza di conformità dell’intervento edilizio, da qualificare come nuova costruzione e non come semplice ampliamento, alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente alla data di realizzazione e alla data della sanatoria.

L’art. 36 DPR 380/2001 che disciplina l’accertamento di conformità richiede infatti che gli interventi abusivi realizzati in mancanza di titolo edilizio e di cui si domanda la sanatoria, debbano essere conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al tempo della realizzazione dell’opera che al momento della presentazione dell’istanza.

Ampliamento e limiti volumetrici

Inoltre l’ampliamento realizzato non era “contenuto volumetricamente rispetto all’esistente” passando dai preesistenti 33,31 mc agli attuali 197,5 mc

Secondo le linee guida per la tutela il restauro e gli interventi sulle strutture in pietra a secco della Puglia, (P.P.T.R)., che dettano le regole per gli interventi di adeguamento a fini abitativi dei caratteristici trulli pugliesi, si distinguono due diversi criteri per gli ampliamenti:

  •  ampliamento una tantum, finalizzato all’adeguamento a scopo residenziale o residenziale-turistico, con limite massimo fissato in 75 mc
  • ampliamenti con indice di fabbricabilità fondiaria, con limite massimo contenuto nell’indice di fabbricabilità previsto dalle norme urbanistiche.

Per i proprietari ricorrenti, l’intervento edilizio ricadeva in questa seconda ipotesi e non superava l’indice di fabbricabilità previsto dalle norme umanistiche

Al contrario sia per il TAR che per il Consiglio di Stato, occorre tenere conto del principio generale che ispira le richiamate Linee Guida e che acconsente solo gli ampliamenti volumetricamente contenuti rispetto all’esistente (paragrafo 4.1 “Criteri e Requisiti Generali” secondo cui: ”tutti gli interventi di adeguamento a fini abitativi dei manufatti in pietra a secco, i possibili ampliamenti e le riconversioni funzionali non possono che essere compatibili con lo stato di fatto dell’edificio e del suo contesto rurale. Per quanto sopra, è possibile intervenire su costruzioni a trullo a scopo di adeguamento abitativo solo su manufatti che possiedono una dimensione minima funzionale ai fini abitativi, in modo tale che con un piccolo aumento di superficie utile il manufatto sia fruibile ai fini abitativi e che l’ampliamento sia volumetricamente contenuto rispetto all’esistente”).

Ampliamento o nuova costruzione?

Nel caso in esame all’originario trullo di 35 mc si era affiancato un nuovo manufatto di 197,45 mc, provocando un aumento di volumetria del 600% rispetto all’esistente. Non era possibile quindi, secondo la sentenza in commento, applicare le previsioni delle Linee guida per i semplici ampliamenti, (e dunque neppure degli ampliamenti con indice di fabbricabilità fondiaria), perchè il consistente aumento volumetrico aveva determinato piuttosto una “nuova costruzione”, in contrasto con l’art. 75 del PRG, a norma del quale:
  • sono interventi ammessi solo il restauro conservativo e consolidamento statico; ed il risanamento igienico inteso o migliorare le condizioni di abitabilità
  • sono vietate le demolizioni di trulli esistenti
  • è altresì vietata la edificazione di porticati in adiacenza ai trulli
  • per i trulli esistenti è ammesso l’ampliamento una tantum con il rapporto iff = 0,03 mc/mq rapportato alla superficie di proprietà detraendo il volume relativo alla S. del trullo.

Sanatoria e doppia conformità: il parere di compatibilità paesaggistica non basta

Mancando la doppia conformità, il rigetto della sanatoria era dunque da considerare pienamente legittimo. Secondo il Consiglio di Stato, non c’era alcuna discrepanza tra il diniego di sanatoria emesso dal Comune ed il parere favorevole reso dalla Soprintendenza, solo ai fini della compatibilità paesaggistica del mantenimento dell’opera abusiva.
Le ragioni del “benestare” della Soprintendenza erano legate infatti esclusivamente al rischio che l’eventuale demolizione degli abusi potesse compromettere il trullo originario. Peraltro, osserva il Supremo Collegio “ sotto altro profilo, la stessa Soprintendenza ha confermato che “l’ampliamento in questione è di dimensione non compatibile in termini planimetrici rispetto alla preesistenza”.

Consiglio di Stato, sent. 8313/2021


Fonte:teknoring