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La nuova procedura per la demolizione delle opere abusive


Il Dl Semplificazioni ha modificato la procedura affidando l’esecuzione dell’ordinanza di demolizione al Prefetto, in caso di inerzia del Comune.


La demolizione di opere abusive è l’attività diretta all’abbattimento totale o parziale dei volumi edilizi e di ogni altro manufatto, realizzati in violazione delle norme urbanistico-edilizie. La rimessione in pristino dello stato originario dei luoghi è l’attività diretta alla rimozione totale o parziale delle opere e di ogni altro manufatto realizzato su beni paesaggistici, nonché al ripristino delle condizioni preesistenti la violazione, in esecuzione dell’ordine impartito dal giudice.

Secondo l’Istat, nel 2015 era fuorilegge oltre il 47% del patrimonio edilizio al Sud, il 19% al Centro e quasi il 7% al Nord. In termini percentuali, gli abusi edilizi hanno riguardato circa il 16% delle costruzioni immobiliari realizzate nel 2018. I dati pubblicati nel Rapporto Ecomafia 2019 di Legambiente ed elaborati dal Cresme indicano in oltre 17 mila gli abusi edilizi realizzati nel solo 2019. L’80% circa degli immobili da demolire, poiché frutto di abusi edilizi, non sono ancora stati abbattuti.

Per semplificare la procedura di demolizione e rendere maggiormente operativi gli interventi di abbattimento delle opere abusive, il legislatore ha provveduto, con il cd. Decreto Semplificazioni (decreto-legge n. 76 del 16 luglio 2020, convertito, con modificazioni, con Legge n. 120 dell’11 settembre 2020) a modificare la procedura, affidando l’esecuzione dell’ordinanza di demolizione al Prefetto, in caso di inerzia del Comune competente. Tale modifica innova il sistema sanzionatorio previsto dal dpr n. 380/2001, concentrando in capo al Prefetto un potere quasi mai esercitato dall’Ente Locale, che va in deroga alle ordinarie competenze previste negli articoli 27 e segg. del dpr n. 380/2001.

Il nuovo art. 41 Tue

Il nuovo art. 41 del Testo Unico dell’Edilizia, Tue (dpr 380/2001) “Demolizione opere abusive”, come sostituito dall’art. 10-bis legge n. 120/2020, recita:
   •  In caso di mancato avvio delle procedure di demolizione entro il termine di centottanta giorni dall’accertamento dell’abuso, la competenza è trasferita all’ufficio del prefetto che provvede alla demolizione avvalendosi degli uffici del comune nel cui territorio ricade l’abuso edilizio da demolire, per ogni esigenza tecnico-progettuale. Per la materiale esecuzione dell’intervento, il prefetto può avvalersi del concorso del Genio militare, previa intesa con le competenti autorità militari e ferme restando le prioritarie esigenze istituzionali delle Forze armate. 

•  Entro il termine di cui al comma 1 [centottanta giorni dall’accertamento dell’abuso], i responsabili del comune hanno l’obbligo di trasferire all’ufficio del prefetto tutte le informazioni relative agli abusi edilizi per provvedere alla loro demolizione.

L’illegittimità costituzionale del precedente art. 41

L’articolo 41 è stato completamente sostituito anche in applicazione dei principi espressi nella sentenza della Corte Costituzionale n. 196 del 28 giugno 2004. La Consulta, accogliendo il ricorso delle regioni, aveva affermato che la formulazione dell’art. 41 come modificato dall’art. 32, comma 49-ter del decreto-legge n. 269 del 2003, aggiunto dalla legge di conversione n. 326 del 2003, “contrasta con il primo ed il secondo comma dell’art. 118 Cost., dal momento che non si limita ad agevolare ulteriormente l’esecuzione della demolizione delle opere abusive da parte del Comune o anche, in ipotesi, a sottoporre l’attività comunale a forme di controllo sostitutivo in caso di mancata attività, ma sottrae al Comune la stessa possibilità di procedere direttamente all’esecuzione della demolizione delle opere abusive, senza che vi siano ragioni che impongano l’allocazione di tali funzioni amministrative in capo ad un organo statale”.

Con l’ultima formulazione dell’art. 41 Tue, l’intervento del Prefetto è ammesso soltanto in caso di inerzia comunale, più precisamente in caso di mancato avvio delle procedure demolitorie entro il termine di centottanta giorni dall’accertamento dell’abuso. Ma da quando decorre tale termine? L’art. 41 vigente non contiene più alcuna disciplina del procedimento di demolizione d’ufficio di competenza del comune. Occorre quindi fare riferimento all’art. 31 Tue.

La procedura di competenza del comunale

L’art. 31 Tue prevede che il dirigente o il responsabile dell’ufficio comunale che, in base all’art. 27 Tue esercita il potere di vigilanza sull’attività urbanistica-edilizia, accertata l’esecuzione di interventi edilizi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione dell’opera, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto.

1. L’ordinanza di demolizione

Accertato l’abuso edilizio, il Comune emette l’ordinanza di demolizione, la pubblica sul proprio sito istituzionale e la comunica anche al prefetto; contestualmente, sono diffidate le società erogatrici di servizi pubblici di non somministrare forniture per le opere prive di permesso di costruire.

Ma c’è un primo intoppo: il destinatario dell’ordinanza di demolizione, entro 60 giorni dal suo ricevimento, può impugnare il provvedimento in via amministrativa dinanzi al Tar competente, oppure fare richiesta di concessione/autorizzazione in sanatoria, in quest’ultima circostanza il Comune può aprire una pratica edilizia oppure comunicare i motivi ostativi all’accoglimento.

Inoltre, entro 10 giorni dalla comunicazione del provvedimento, il destinatario dell’ordinanza di demolizione può presentare memorie scritte e documenti, che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare e dare motivazione del loro eventuale mancato accoglimento nel provvedimento finale. Eventuali ritardi attribuibili alla pubblica amministrazione non potranno essere considerati come motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza del richiedente.

Comunque, dopo 90 giorni dalla notifica dell’ordinanza di demolizione per cui non si è aperto un procedimento di concessione o autorizzazione in sanatoria, si svolge un controllo da parte della Polizia municipale coadiuvata da un tecnico del Comune che provvedono ad accertare con verbale se il destinatario dell’ordinanza di demolizione abbia ottemperato o meno.

2. L’acquisizione del bene al patrimonio comunale

Se il responsabile dell’abuso non provvede entro 90 giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune per essere demolito, in via surrogatoria, dal comune stesso con spese da porre a carico del privato inadempiente e viene irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 2 mila ad un massimo di 20 mila euro.

L’effetto traslativo al patrimonio comunale del bene abusivo costituisce un effetto automatico e si verifica al momento dell’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione, tuttavia la notifica dell’accertamento formale dell’inadempimento costituisce titolo necessario per l’immissione in possesso e per la successiva trascrizione che perfeziona l’acquisizione materiale del bene al patrimonio comunale e la sua effettiva disponibilità in mano pubblica, che costituisce il presupposto principale per la demolizione.

L’opera così acquisita può essere demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso, a meno che il Comune, con deliberazione consiliare senza alcun termine entro il quale esercitare questo potere, non dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici – sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico – sottraendo così il bene abusivo acquisito all’esito ordinario e vincolato previsto dal legislatore.

Il fatto che il bene diventi pubblico non comporta che l’opera diventi legittima sotto il profilo urbanistico-edilizio ( Corte Costituzionale n.140 del 5 luglio 2018), tuttavia la deliberazione che, in funzione di preminenti interessi pubblici, sottrae il bene abusivo all’esito demolitorio costituisce un limite all’emanazione da parte del giudice penale dell’ordine di demolizione pur in presenza di una condanna per reati edilizi.

3. La demolizione d’ufficio

Il procedimento di demolizione d’ufficio da parte del Comune prevede che il dirigente approvi una relazione tecnica con i costi dell’operazione, da sottopone all’approvazione della giunta e sulla base della quale, se il privato non ritiene di demolire direttamente, procede all’affidamento all’esterno dei lavori.

L’azione amministrativa di repressione degli abusi edilizi ha carattere obbligatorio e vincolato, e non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento del bene non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino (Cons. Stato, Ad. Pl. n.9 del 17 ottobre 2017).

Il trasferimento della competenza al prefetto

Entro 180 giorni dalla data di accertamento dell’abuso, il “mancato avvio” delle procedure di evidenza pubblica per l’affidamento dei lavori di demolizione (che possono essere eseguiti anche oltre tale termine) fa scattare il trasferimento del procedimento al prefetto- sempre che il proprietario o il responsabile dell’abuso non procedano spontaneamente alla demolizione delle opere abusive.

Dunque, il termine di 180 giorni inizia a decorrere dalla data di notifica dell’ordinanza di demolizione ma può essere sospeso a seguito dell’avvio dei subprocedimenti aperti dalle eventuali azioni del responsabile dell’abuso (ricorso al Tar o richiesta di sanatoria). In un ultima istanza, il termine di 180 giorni per dare avvio alla procedura di demolizione, decorre dall’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione, la quale costituisce un evento che si pone a valle del procedimento sanzionatorio e presuppone non solo che sia efficace l’accertamento di abusività ma che sia trascorso il termine di legge entro il quale il privato demolisca spontaneamente oppure agisca per annullare l’ordinanza di demolizione. 

Questo chiarimento dovrebbe essere esplicitamente fornito dal legislatore, per evitare il rischio (dovuto alla genericità della formulazione normativa), che una disposizione adottata per rendere più efficace il procedimento demolitorio di beni abusivi si trasformi in occasione di contenzioso o di inerzia procedimentale.

Una sentenza importante

Un altro rischio riguarda la capacità delle prefetture di attivare la procedura di demolizione. Un segnale in questo senso arriva dalla recente sentenza del Tar Campania Sez. VI n. 6327 del 7 ottobre 2021, la prima che ordina a un prefetto la demolizione di un’opera abusiva nel termine di novanta giorni dalla comunicazione della sentenza, in applicazione del nuovo articolo 41 Tue.
Affermano i giudici amministrativi campani che “anche se non sia apparso chiarissimo in punto di decorrenza del termine di sei mesi (il riferimento all’accertamento dell’abuso non è univoco) la norma è risultata chiaramente applicabile essendo abbondantemente trascorso il termine di 180 giorni con consequenziale intimazione al Prefetto di Napoli di provvedere alla esecuzione dell’ordinanza impugnata nel termine di novanta giorni dalla comunicazione della sentenza. Il Comune dal canto suo è tenuto a trasmettere al Prefetto ogni atto, documento o informazione in suo possesso in ordine all’abuso e fornire al Prefetto ogni supporto di cui egli possa aver necessità per l’esercizio della sua competenza secondo quanto stabilisce il primo comma dell’articolo 41.”
Nella stessa sentenza si chiarisce che in caso di inerzia del Prefetto è nominato commissario ad acta il Dirigente responsabile del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del ministero dell’interno o un dirigente o funzionario da lui delegato che si attiverà a istanza del ricorrente una volta inutilmente decorso il termine per l’esecuzione fissato dalla sentenza del Tar.

Le risorse per la demolizione opere abusive

Per la demolizione dell’opera abusiva, il Comune – e quindi, in via surrogatoria, il Prefetto – può avvalersi delle strutture tecnico-operative del Ministero della Difesa, sulla base e alle condizioni di cui alla convenzione stipulata il 15 dicembre 2005 tra il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e il Ministero della Difesa e della convenzione organizzativa per la demolizione immobili abusivi a mezzo del Genio Militare stipulata il 15 dicembre 2005.
Inoltre, il Comune può utilizzare sia le risorse derivanti dalle speciali sanzioni pecuniarie, sia le entrate da condono edilizio, oppure, in assenza di copertura finanziaria può fare ricorso all’anticipazione senza interessi di somme del Fondo per le demolizioni delle opere abusive gestito dalla Cassa Depositi e prestiti, da restituire in un periodo massimo di 5 anni, utilizzando le somme riscosse a carico degli esecutori degli abusi.
Il Fondo per la demolizione di opere abusive, finalizzato all’erogazione di contributi ai comuni per l’integrazione delle risorse necessarie agli interventi di demolizione, con una dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, è stato integrato di 1 milione di euro per l’anno 2020 (art. 46-ter dl n. 104/2020). 

Con il decreto 23 giugno 2020 sono stati definiti i criteri di utilizzazione e di ripartizione delle risorse attribuite al Fondo per la demolizione delle opere abusive e con il decreto del 9 dicembre 2020 sono stati approvati gli interventi di demolizione di opere abusive.

Fonte: teknoring