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Ingegnere o architetto? La figura professionale per tipo di intervento edilizio


In una recente sentenza il Consiglio di Stato ricorda gli ambiti di competenza per i progettisti negli interventi edilizi appaltati


Il Consiglio di Stato (sent. 5510/2021) dirime la questione sulla figura professionale abilitata a firmare i progetti dell’intervento edilizio previsto dalla gara d’appalto. Quando occorre necessariamente l’ingegnere? E quali sono invece gli interventi edilizi in cui è permesso affidare la progettazione anche all’ architetto?

Interventi edilizi, il caso

La vicenda trae origine dall’annullamento dell’aggiudicazione di un appalto per lavori di consolidamento. Cosa era successo? La società seconda classificata nella gara aveva impugnato al TAR l’aggiudicazione della vincitrice, lamentando tra gli altri motivi, che il progetto dei lavori era stato sottoscritto da un architetto e non da un ingegnere.

Il TAR aveva accolto il motivo e annullata l’aggiudicazione. La vincitrice si era rivolta al Consiglio di Stato, sostenendo al contrario che l’appalto non prevedeva alcuna attività di progettazione esecutiva, ma solo la presentazione di migliorie, varianti od opere aggiuntive, che sarebbero rientrate tutte nelle competenze dell’architetto.

Riparto di competenze tra architetti e ingegneri: quali norme?

Il Consiglio di Stato affronta la questione partendo dalle previsioni normative che stabiliscono il riparto di competenze professionali tra architetti ed ingegneri.

Si tratta del Regio Decreto n. 2537 del 1925 articoli 51, 52 e 54, le cui disposizioni non sono state modificate dalla riforma dell’esame di abilitazione (D.p.r. 328/2001), la quale, piuttosto, ha espressamente stabilito che rimangono “ferme le riserve e le attribuzioni previste dalla normativa vigente”.

Dunque la norma di riferimento che si occupa di stabilire le differenti competenze tra architetti ed ingegneri resta il Regio Decreto del 1925 e non il DPR del 2001.

Il Supremo Collegio precisa anche che la ripartizione contenuta nella citata legge è vincolante e non può essere derogata dalla legge speciale della gara d’appalto.

Ma vediamo quali sono le competenze dell’una e dell’altra categoria professionale.

Agli ingegneri è riservata “la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati”. Secondo la costante interpretazione della giurisprudenza, sono appannaggio della professione di ingegnere le “opere di carattere più marcatamente tecnico-scientifico”, fra cui ad esempio “quelle di ingegneria idraulica, di ammodernamento e ampliamento della rete idrica comunale”.

Quindi, rispetto alle opere riservate alla competenza degli ingegneri, (quali sono le opere di edilizia civile, non solo relative agli ambiti strutturali ma anche a tutto il complesso degli impianti tecnologici a corredo del fabbricato), l’architetto “non è abilitato alla sottoscrizione di documenti tecnici neppure se relativi a proposte progettuali migliorative o varianti”

Quando (anche) l’architetto può firmare i progetti di un appalto?

Per il Consiglio di Stato, l’architetto può supplire all’ingegnere solo quando si tratta di opere:

  • rigorosamente accessorie a quelle edili
  • legate da un “nesso di precipua accessorietà” fra l’intervento e l’edificio, cioè che si tratti di un intervento strettamente servente l’opera di edilizia civile

Sono sempre escluse dalla competenza degli architetti, in base agli artt. 51 e 54 comma 3 del Regio decreto n. 2537/1925:

  • la conduzione di lavori relativi ad opere idrauliche
  • la progettazione di opere viarie, idrauliche ed igieniche che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati.

Opere estranee alla nozione di “edilizia civile”

Proprio nel caso esaminato dal Consiglio di Stato si trattava di progettare opere idrauliche interferenti con fiumi e corsi d’acqua, che “richiedono capacità professionali per l’analisi dei fenomeni idrogeologici ed idraulici e presuppongono l’applicazione di specifici metodi di calcolo (statistico, idrogeologico e idraulico)”.

Il bando di gara prevedeva opere nelle categorie OG8 “opere fluviali, di difesa, di sistemazione idraulica e di bonifica” e OS21 “opere strutturali speciali, categoria super specialistica” relativa alle opere destinate a traferire i carichi di manufatti poggianti su terreni non idonei a reggere i carichi stessi, di opere destinate a conferire ai terreni caratteristiche di resistenza e di indeformabilità in modo da rendere stabile l’imposta dei manufatti e prevenire dissesti geologici, e opere antisismiche”. Erano quindi tutte opere che non rientravano nella nozione di “edilizia civile “ prevista dal comma 1 dell’art. 52 R.d. 2537/1925 e che esulavano dalla competenza degli architetti.

Nessuna discrezionalità per la stazione appaltante: non conta il tipo particolare di laurea

Il Consiglio di Stato ha precisato anche che la stazione appaltante non può esercitare un giudizio tecnico discrezionale sul punto, ma è vincolata alla ripartizione di funzioni tra le varie figure professionali, prevista dalla legge.

Né poteva aver rilievo il fatto che l’architetto incaricato dalla società vincitrice dell’appalto aveva una laurea in “Architettura e I.E. sub cod. 4/S” che prevederebbe anche insegnamenti di ingegneria. Infatti, ribadisce il Collegio, le previsioni del DPR 238/2001 art. 16 che individuano le competenze dell’architetto iscritto al settore architettura, non hanno alcuna influenza sulla diversa questione del riparto di competenze tra architetti ed ingegneri iscritti al relativo albo. In applicazione dunque delle disposizioni del Regio decreto 2537/1925, così interpretate, il Consiglio di Stato ha confermato la decisione del TAR e la definitiva esclusione della società vincitrice dalla gara d’appalto.

Consiglio di Stato, sent. 5510/2021


Fonte: teknoring