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Aiuti Quater e nuove scadenze sulla gestione 110% in ambito condominiale


Analisi dei possibili scenari conseguenti all’eventuale conferma delle anticipazioni diffuse dal Governo sul contenuto del nuovo intervento legislativo.


Torniamo sul tema Decreto Aiuti Quater e Superbonus: perché la nuova finestra temporale non può conciliarsi con il dettato dell’articolo 66 delle disposizioni di attuazione al codice civile?

Le due condizioni previste dal nuovo Decreto Aiuti Quater

Nella conferenza stampa di presentazione del nuovo Decreto Aiuti Quater, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha annunciato che, per continuare a godere dell’agevolazione del 110% anche per le spese sostenute per la realizzazione delle opere di efficientamento energetico e consolidamento sismico indicate nel Decreto Rilancio sino al 31 dicembre 2023, occorre che, entro la data del 25 novembre p.v., il condominio possa dimostrare la sussistenza di due concorrenti requisiti, ossia:

1. che l’ente di gestione abbia approvato i lavori;

2. che sia stata depositata la CILAS presso il competente SUE del comune nel cui territorio si trova l’immobile interessato dalle opere.

Posto che sulla base della (sola) bozza informale attualmente diffusa, che non riveste ancora il carattere dell’ufficialità, non è dato ritenere effettiva la fatidica data del 25 novembre indicata dal Presidente Meloni, proviamo ad analizzare i possibili sviluppi di quanto annunciato alla stampa.


I possibili risvolti assembleari di una tempistica tanto ristretta

La prima considerazione che s’impone, è quella sulla rilevanza dell’elemento temporale indicato come una delle condizioni necessarie, affinché l’agevolazione fiscale venga fruita al 110% anche per tutto il 2023, e non, come accadrebbe nel caso contrario, al 90% (per poi seguire la progressiva diminuzione, per effetto del previsto decalage).

Le possibili ipotesi da analizzare sono due:

1. quella relativa al caso in cui i lavori non siano stati ancora deliberati;

2. e quella, viceversa, relativa al caso di un condominio nel quale, pur essendo intervenuta una delibera autorizzativa degli interventi agevolati, non sia stata ancora depositata la CILAS.

Ovviamente, nella prima ipotesi, l’enunciato del Governo, di fatto, si sostanzia nell’impossibilità concreta di accedere al superbonus nella percentuale del 110%, per una considerazione giuridica e fattuale di fondo.

Abbiamo imparato in questi due anni che il c.d. 110% è (e resta) un’operazione articolata e complessa che è frutto di un’intensa attività di programmazione da parte dell’amministratore, il quale, per garantire (o tentare di farlo) la buona riuscita dell’intera operazione, deve avere cura di predisporre una serie di assemblee finalizzate alla condivisione di un vero e proprio cronoprogramma delle attività da realizzarsi, in modo da condividere ogni singola determinazione assunta (o da assumere) con i propri amministrati.

Se è vero (come è vero) quanto presupposto, a parere di chi scrive, è assolutamente impensabile (o quanto meno tecnicamente non opportuno) che, se alla data del 10 novembre u.s. non sono ancora stati approvati i lavori, si possa correttamente e tempestivamente calendarizzare l’unica assemblea possibile, nel corso della quale, in barba ad ogni eventuale pianificazione, si proceda contestualmente:

1. alla verifica della fattibilità dell’opera;

2. alla deliberazione degli interventi necessari, all’approvazione dei progetti esecutivi;

3. alla nomina di tutti i professionisti coinvolti nella procedura ed all’approvazione del piano di riparto del fondo speciale.

Il tutto, ovviamente, tacendo delle difficoltà cagionate dal blocco delle cessioni e presupponendo che siano stati (almeno) già eseguiti i sopralluoghi presso i singoli appartamenti con l’impresa incaricata e che, immediatamente dopo, ma sempre entro il 25 novembre, sia materialmente possibile depositare la CILAS perché, in difetto, sarebbe stato tutto vano.

Ebbene, come detto, ciò non appare possibile attesa la contingenza temporale illustrata dal Presidente Meloni, che non può conciliarsi con il dettato dell’articolo 66 delle disposizioni di attuazione al codice civile, secondo il quale tra la data di ricezione dell’avviso di convocazione da parte di tutti i condòmini e la data fissata per la prima adunanza devono intercorrere almeno cinque giorni liberi. Evidente, che nell’ipotesi in esame, saremmo già ampiamente fuori tempo massimo per ottenere una delibera non censurabile in sede giudiziaria.

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E se l’amministratore decidesse di procedere senza assemblea ed in via d’urgenza?

Semplicemente per completezza espositiva e, come ipotesi di scuola, possiamo anche valutare il caso in cui, alla luce della circostanza sopravvenuta (ossia la data indicata dal Presidente del Consiglio e la modifica contenuta nel testo dell’Aiuti Quater, ove pubblicato in modo coincidente con quanto illustrato a margine dell’ultimo Cdm), l’amministratore decida di procedere comunque con l’iter del 110%.

Egli, in via del tutto presupposta, potrebbe procedere con l’affidamento dei lavori senza delibera assembleare ed in via d’urgenza, riservandosi di sottoporre a ratifica successiva dell’assemblea dei condòmini il proprio operato.
Evidentemente, si esporrebbe al rischio di dover rispondere in proprio per le obbligazioni contratte eccedendo i limiti del suo mandato, qualora detta ratifica non dovesse intervenire, con conseguenze nefaste facilmente immaginabili, in termini responsabilità risarcitoria.

Analogamente, egli potrebbe comunque procedere con la convocazione dell’assemblea, favorendo l’assunzione di una delibera che, ove i termini non fossero rispettati, sarebbe invalida e, nello stesso modo, potrebbe rispondere del proprio operato e del danno cagionato alla collettività, nell’ipotesi di soccombenza dell’ente di gestione, all’esito dell’eventuale impugnativa del deliberato spiegata da un condòmino assente o, comunque, dissenziente, ai sensi dell’articolo 1137 del codice civile.

Cosa accade se i lavori sono stati deliberati ma la CILAS non depositata?

In questa seconda ipotesi, è facile prevedere una corsa al deposito delle comunicazioni di inizio lavori asseverate presso i competenti Sportelli Unici entro il termine del 25 novembre (sempre, lo ribadiamo, che sia confermato), ma non è detto che così facendo, sebbene sia teoricamente garantito l’accesso alla detrazione nella misura del 110% delle spese sostenute per tutto il 2023, la stessa agevolazione sia definitiva ed immutabilmente acquisita.

Infatti, se è vero che la CILAS, non essendo un titolo assentivo ma una dichiarazione asseverata di parte, non implica l’adozione di un provvedimento autorizzativo da parte della PA, è anche vero che la tempistica potrebbe indurre al deposito di comunicazioni incomplete, non veritiere o, comunque, a vario titolo viziate, rispetto alle quali il Comune avrebbe comunque, proprio per questo, il potere/dovere di attivarsi al fine di adottare gli inevitabili provvedimenti d’inefficacia, anche a distanza di tempo.

Per questa ragione, occorre comunque prestare la massima attenzione ed evitare di presentare CILAS in bianco (giusto per assicurarsi il beneficio), incomplete o con l’indicazione di lavori solo in parte coincidenti con quelli che andranno effettivamente ad essere realizzati.

L’impatto negativo sui redditi delle famiglie: considerazioni critiche

Le osservazioni sin qui svolte, e quelle che ci accingiamo ad esplicare ulteriormente, ci consentono di giustificare la valutazione (personale) di assoluto disfavore per la misura, almeno per come allo stato conosciuta e salvo eventuali modifiche e/o integrazioni in sede di pubblicazione.

Vi è, infatti, nella bozza in circolazione l’ulteriore precisazione per la quale il superbonus sarà fruibile per le famiglie con un reddito inferiore a quindicimila euro.

Ed allora, come si giustifica la circostanza per la quale proprio le famiglie che, a dire del Governo, dovrebbero beneficiare, in termini di giustizia sostanziale, della ridefinizione del bonus (ossia quelle con redditi più bassi), sono le stesse che saranno costrette (verosimilmente, per effetto delle restrizioni istituende) a mettere la mano al portafoglio per coprire con denaro contante la differenza, in termini di agevolazione persa, tra l’originario 110% ed il (probabile) 90%, cui, nella maggioranza dei casi, sarà possibile accedere effettivamente?

Ancora una volta, riteniamo, che l’ingrato compito sia stato iniquamente, e surrettiziamente, delegato dall’esecutivo agli amministratori condominiali i quali, come se fino ad ora non fossero stati oberati a sufficienza, avranno l’onere (ulteriore) di dover spiegare ai diretti interessati (in quanto beneficiari) il perché di una scelta (tutta politica) della quale non si sentiva l’esigenza e che, ancora una volta, è stata adottata nella forma della decretazione (quasi emergenziale), invece che in modo organico, strutturale e nella forma legislativa ordinaria.
Non resta che attendere gli sviluppi, anche se, francamente, sulla scorta dell’esperienza pregressa, non sembrano esserci i presupposti per un eccessivo ottimismo.

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fonte:teknoring