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RSPP e coordinatore della sicurezza: le figure cardine della prevenzione


Dai processi della sicurezza alla pianificazione dei lavori e gestione dei subaffidatari. Un’analisi in due puntate sulla sinergia tra le figure cardine della prevenzione e protezione per la gestione dei rischi sul lavoro.


Per analizzare e ottimizzare le dinamiche e i flussi che regolano il rapporto tra coordinatore della sicurezza e RSPP bisogna tener conto di quattro aspetti principali che vanno però considerati a seconda del contesto, da distinguersi tra cantiere ordinario e cantiere in uno stabilimento industriale:
  • la pianificazione dei lavori
  • la gestione dei subaffidatari
  • la cooperazione, il coordinamento e la reciproca informazione
  • la vigilanza sui lavori

Antonio Pedna, TechIOSH, AIEMA, AICW, socio AIAS, li analizza in questo e nel prossimo articolo, dedicato, appunto al cantiere in uno stabilimento industriale. Procediamo prima con un’introduzione sull’organizzazione della sicurezza e proseguiamo l’analisi del cantiere ordinario.

Il Titolo I del D.Lgs. 81/2008 stabilisce i criteri per l’organizzazione delle aziende sotto il profilo della sicurezza.

Sappiamo tutti che alla struttura gerarchica viene affiancato un ruolo, il Servizio Prevenzione e Protezione, che non dipende da questa, ma è inteso fornirle un aiuto professionale e specializzato a supporto delle scelte di politica, organizzazione e tecniche, che possono avere ripercussioni sulla tutela dei lavoratori.

Il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione, di cui la legge stabilisce le competenze e le capacità professionali, non dirige il servizio, e questo proprio a ribadire la sua distanza dalle decisioni aziendali, ma lo coordina (art. 2 c. 1 lett. f), su designazione del datore di lavoro.

Occorre dire che, nella pratica professionale corrente, il RSPP è diventata una figura dotata del suo rilevante carico di operatività: in realtà non si limita ad osservare l’azione sviluppata dalle figure della linea, sollevando una bandierina come il guardalinee quando vede un fallo, ma può essere chiamato dalla propria organizzazione a presidiare a vario titolo i processi impegnativi del sistema.
Per le sole attività lavorative che vengono svolte nei cantieri temporanei e mobili, il legislatore ha previsto un regime integrativo e parallelo, descritto al Titolo IV. Sono questi ambienti di lavoro con condizioni particolari. Uno di questi è il fattore temporale; a differenza di un ambiente di lavoro ordinario che, per così dire, non ha una data di scadenza, le attività di cantiere hanno una data di inizio e una di fine. Poi, magari, saranno ripetute con le medesime modalità, ma altrove. Il secondo fattore è quello del cambiamento. Mentre una linea di produzione, una volta realizzata resta tale fino a che non soddisfa più gli obiettivi dell’organizzazione, e viene smantellata per essere ricostruita sotto una forma differente, un cantiere ha nel divenire la sua ragione di esistere. Viene installato per realizzare un bene e si sviluppa attraverso passaggi di stato continui fino a che il lavoro è completato.

Questo rende necessario, nella visione del legislatore, definire nuovi operatori, il coordinatore in fase di progettazione e quello in fase di esecuzione, che hanno l’obiettivo di gestire queste condizioni tipiche:

  • quella di essere un luogo estraneo alle organizzazioni produttive che vi operano;
  • quella di essere non una condizione stabile, seppure attraverso discontinuità, ma, appunto, in perenne divenire.

I processi della sicurezza

Nei progetti edili è possibile che questi ruoli possano interagire a vario titolo.

Ci sono due condizioni che configurano quattro diversi aspetti del rapporto tra RSPP e coordinatori: i cantieri di edilizia ordinari e quelli che si sviluppano all’interno di stabilimenti produttivi. Anche se la legge ha individuato due diversi ruoli per gestire la sicurezza in queste diverse condizioni, il RSPP e il CSP/CSE sono figure che svolgono il loro compito utilizzando i medesimi strumenti, che l’elaborazione industriale ha definito per chiunque si occupi di sicurezza:
  • valutazione dei rischi e produzione documenti di politica e di pianificazione (piani);
  • gestione degli appaltatori e coordinamento delle attività;
  • controlli e verifiche di conformità.

Il cantiere ordinario

In un cantiere ordinario non è molto comune che possa avvenire una qualche interazione tra il RSPP di una impresa esecutrice e il Coordinatore in fase di progettazione.

Questo può sempre capitare nel caso esista un legame molto stretto tra committente ed appaltatore, come quando, ad esempio, essi appartengono al medesimo gruppo industriale che sviluppa il progetto. 

Non si tratta, però, di una condizione particolarmente frequente, e le interazioni si limitano alla definizione di speciali elementi o processi tecnologici. Più spesso, invece, il RSPP entra in relazione con il Coordinatore per l’esecuzione, in occasione dei vari controlli la cui responsabilità è attribuita a quest’ultimo dalla norma.

Nella prassi il piano operativo di sicurezza delle imprese esecutrici molto spesso viene redatto dal RSPP aziendale, a volte distaccato in cantiere. 
Un POS ideale dovrebbe essere scritto con professionalità, rispettare il contenuto previsto dall’allegato XV e, eventualmente, presentare le integrazioni che sono state chieste con il Piano di sicurezza e coordinamento. La realtà, purtroppo, deve scontare la storica sotto-professionalizzazione delle imprese di costruzioni che, essendo nella media formate da 2,6 addetti ciascuna (fonte ANCE), non solo possono non avere al loro interno le competenze necessarie per produrre un POS conforme ai requisiti di legge, ma spesso hanno anche un debito culturale che impedisce ai responsabili di riconoscere la necessità di adottare buone prassi e di rispettare la legge, con gravi problemi per questo processo. I CSE più preparati si possono trovare di fronte a POS largamente sub-standard, spesso mancando loro anche un valido interlocutore per arrivare ad un livello almeno di decenza.
È però anche vero che, in un ambiente economico di questo livello, l’incompetenza non è una prerogativa di una parte sola, per cui non è difficile imbattersi in CSE che governano il cantiere ignorando completamente sia la norma che i contenuti del PSC, per propria attitudine o per la completa inadeguatezza di questo documento, o si ingeriscono nelle scelte tecniche e organizzative aziendali, di fatto dettando all’appaltatore come preparare il suo POS, oppure che rinunciano a qualsiasi forma di controllo, accettando qualsiasi piano venga sottoposto, senza alcun esame.

Le pianificazione dei lavori

La pianificazione dei lavori è normalmente organizzata in due documenti contrattuali: il cronoprogramma e il piano di sicurezza e coordinamento.

Questi sono nati per gestire differenti aspetti del progetto ma sono entrambi importanti, e devono essere in qualche modo coordinati, anche se nei lavori privati minori, spesso il primo strumento non viene predisposto, e allora c’è solo il PSC a dettare il passo delle lavorazioni. 

Una cosa che sembra essere sfuggita alla comunità professionale italiana è che i piani vengono studiati per determinare la programmazione dei lavori più efficace e che è lo sviluppo del progetto che dovrebbe adattarsi al piano e non viceversa. 

Spesso, invece, l’aggiornamento del PSC che segue il calendario dei lavori è diventato un mantra dal quale non ci si riesce a distaccare.

Non solo in questo modo si trasforma uno strumento di governo (utile) in una presa d’atto notarile (inutile), ma si possono configurare rilevanti responsabilità a carico di coordinatori e imprese, in caso di incidente.
Sarebbe consigliabile tornare ad applicare il buon senso, che dice che un programma viene fatto per essere rispettato, e la legge, che afferma che imprese che vogliono variare le previsioni del PSC, non possono mettere il CSE di fronte al fatto compiuto, ma devono presentargli una proposta di integrazione. Dal momento che questa può essere approvata solo nel momento in cui meglio garantisce la sicurezza dei lavoratori, potrebbe essere pratico che la documentazione includesse una spiegazione di come questo avviene.

La gestione dei subaffidatari

La gestione dei subaffidatari è un processo che riguarda, con contenuti solo in parte sovrapponibili, sia l’impresa affidataria, e può essere presidiato sia dal RSPP, sia il CSE. Per quanto riguarda l’affidatario, i subaffidatari devono essere qualificati secondo le previsioni contenute nel Titolo I all’articolo 26, come indicato chiaramente anche dell’articolo 97 c. 2. Ora, non è questa la sede per una disanima di questi requisiti, che sono quantomai nebulosi; deve però essere chiaro che il processo di qualifica interno all’affidatario, riguarda esclusivamente quest’ultimo, e il CSE non avrebbe né titolo né interesse ad entrarvi, come spiega l’inclusione di questo requisito al comma 2 dell’articolo 97 anziché al comma 1, che elenca gli obblighi del datore di lavoro dell’impresa affidataria che sono sotto il controllo del CSE.

Può accadere che la gestione degli adempimenti legati alla valutazione dell’idoneità tecnico professionale dei subappaltatori sia affidata al RSPP aziendale per analogia con i processi che già presidia. In un cantiere, a questa verifica interna ai processi aziendali dall’affidatorio può aggiungersi quella stabilita dal committente o dal responsabile dei lavori in adempimento agli obblighi previsti dall’articolo 90 c. 9 lettera a), ovvero di eseguire la valutazione tecnico professionale delle imprese esecutrici (affidatarie e subaffidatarie, quindi), nonché richiedere le informazioni previsti alla lettera b). Sarebbe bene che le modalità con le quali il committente si relaziona all’appaltatore fossero definite a livello contrattuale, così come costui svolgesse un minimo di istruttoria sui documenti raccolti, prima di trasmetterli al committente, spesso attraverso il coordinatore per l’esecuzione. Molto spesso, infatti, si corre il rischio di trasferire carte senza alcun significato.

Tra la gestione degli adempimenti per la sicurezza relativi ai subaffidatari che spesso viene affidata al RSPP, aziendale o di cantiere, ci sono i processi per la gestione della redazione, del controllo e dell’emissione dei rispettivi POS. L’impresa affidataria dovrebbe farsi parte diligente per eseguire una istruttoria di questi documenti – prima di trasmetterli al CSE – con l’obiettivo, dettato dalla norma, di “verificar(ne) la congruenza (…) rispetto al proprio”. Buonsenso vorrebbe inoltre che, in questa fase, venisse esaminata anche la qualità dei documenti dei subaffidatari, in modo da non sottoporre al CSE documenti che non può far altro che rigettare.

Il CSE, per conto suo, dovrebbe avere l’accortezza di relazionarsi per l’istruttoria solo con i referenti dell’impresa affidataria. La scelta di ricorrere al subappalto è un’opzione liberamente adottata dal suo datore di lavoro, che ne raccoglie i vantaggi così come deve sopportarne gli oneri, in questo caso della gestione e del coordinamento dei propri appaltatori.

 Infine, la legge non chiede al CSE di sindacare o, al limite, di essere informato, anche in relazione al comma 3 lettera b), verifica della congruenza dei POS dei subaffidatari, ed è molto improbabile che le contingenze del cantiere rendano necessaria questa operazione. Per cui non è necessario predisporre processi per farlo.

La cooperazione, il coordinamento e la reciproca informazione

La cooperazione, il coordinamento e la reciproca informazione sono obblighi per tutti i datori di lavoro – leggi le organizzazioni – che sono presenti in cantiere (art. 95 c. 1 lett. g) ed h). Sono attività che a livello di cantiere sono organizzate dal coordinatore (art. 92 c. 1 lett. c), ma, dal momento che si tratta di questioni strettamente correlate con lo svolgimento delle attività puntuali, la norma specifica che spetti al datore di lavoro affidatario il coordinamento di alcuni particolari aspetti, tra i quali un elenco chiamato misure generali di tutela (art. 95), degli obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti in cantiere (art. 96). 

Cooperazione, coordinamento e reciproca informazione hanno il fine di evitare gli incidenti in cantiere. Si tratta quindi di attività concrete, di parlarsi e di tenersi informati sui rispettivi programmi.

Può essere necessario che queste informazioni vengano registrate su supporti, e quindi messe per iscritto.

Normalmente sono individuati momenti formali in cui condividere queste informazioni, le riunioni di coordinamento, anche se nulla impedisce che due subappaltatori possano scambiarsi, ad esempio, una mail, per informarsi reciprocamente delle modalità con le quali sarà svolta una particolare lavorazione. Dal momento che si tratta di responsabilità largamente condivise tra i vari soggetti che svolgono o che seguono i lavori, dovrebbe esserci un generale consenso su di esse: in realtà la cooperazione, il coordinamento e la reciproca informazione, sembrano importare perlopiù al solo coordinatore per l’esecuzione, che non di rado vede ostacolati e boicottati più o meno apertamente i suoi sforzi per svilupparli.

L’RSPP, aziendale o di cantiere, dell’impresa affidataria dovrebbe essere un alleato a supporto di questa azione.

La vigilanza sui lavori

La vigilanza sui lavori è un’attività che il CSE e il RSPP condividono, seppure con sfumature diverse.

Il primo deve rispondere degli obblighi riportati all’articolo 92 c. lett. a), ovvero la verifica dell’applicazione delle misure pertinenti alle imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi, che sono contenute nel Piano di sicurezza e coordinamento. Di fatto, sarebbe conveniente che il PSC fosse strutturato in modo da rendere di semplice esecuzione quest’obbligo, con prescrizioni chiaramente individuate, con una data di inizio ed una data di fine per la loro implementazione. In questo modo diventerebbe possibile concentrare i sopralluoghi nei momenti di discontinuità, solo per controllare che gli allestimenti di cantiere siano stati adattati alle nuove contingenze, così come previsto nel piano. Invece, è diventato comune organizzare i piani di sicurezza e coordinamento con schede che entrano nel merito di tutte le lavorazioni, descrivendone sia i processi che le cautele che bisogna tenere, rendendo di fatto necessario al CSE un presidio costante delle attività lavorative.

Di tutt’altra dimensione la responsabilità del datore di lavoro dell’impresa affidataria che, secondo l’articolo 97 c. 1 ha l’obbligo di verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l’applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento, incombenza che spesso è affidata al RSPP aziendale o di cantiere. È necessario osservare che questo requisito appare più impegnativo rispetto a quello messo a carico del CSE, perché verificare le condizioni di sicurezza presuppone un controllo diretto e continuo sulle attività lavorative, mentre la verifica dell’applicazione delle misure contenute nel PSC potrebbe, appunto, essere sviluppata concentrando i momenti di esame in alcuni momenti significativi.

Il requisito a carico dei datori di lavoro delle imprese affidatarie, fino ad oggi non ha destato l’attenzione necessaria, anche se in realtà è molto impegnativo, dal momento che:
  • di fatto esplicita la necessità che il datore di lavoro dell’impresa affidataria predisponga un sistema per la vigilanza delle attività in cantiere;
  • è uno di quei requisiti la cui violazione fa scattare, nei confronti del coordinatore, l’obbligo di segnalazione al committente e di contestuale richiesta di sospensione dei lavori, allontanamento delle imprese o rescissione del contratto.
Una delle conseguenze di tutto ciò, è che sarebbe opportuno che il datore di lavoro dell’impresa affidataria eseguisse una qualche sorta di registrazione di questa attività, in modo da poterla rendicontare e, se il caso, analizzare. 

Nella prassi non avviene nulla di tutto questo, e di fatto, la gestione delle registrazioni della sicurezza in cantiere poggia tutta sulle spalle del coordinatore. Una occasione sprecata. In un sistema coerente, questa funzione potrebbe essere svolta attraverso sopralluoghi congiunti svolti dalla struttura dell’affidataria, incluso l’RSPP aziendale o di cantiere, e dal CSE. Eseguendoli con un certo grado di formalità, consentirebbe di:

  • intervenire per le vie brevi sulle eventuali deviazioni osservate, senza la necessità di scambi epistolari che, di fatto, allungano i tempi di intervento e sovente si trasformano in discussioni fini a sé stesse;
  • mostrare ai lavoratori e ai subappaltatori che esiste una convergenza di interessi tra committente ed appaltatore, nei confronti della sicurezza.
Un aspetto particolare della vigilanza è il processo definito dall’articolo 92 comma 1 lettera e), ovvero la contestazione scritta alle imprese di una non conformità, cui segue la segnalazione al committente o al responsabile dei lavori con la richiesta di una misura tra la sospensione dei lavori, l’allontanamento dell’impresa o la rescissione del contratto. Nella prassi questo processo si è allungato e complicato, diventando di fatto un altolà, e l’impresa, il più delle volte, può evitare le conseguenze più drastiche, rimediando con un’azione correttiva. Sarebbe il caso che questo modo di fare fosse gestito anche dall’impresa anche formalmente, in modo da lasciare traccia che ciascun attore ha agito secondo le proprie responsabilità.

Fonte: teknoring