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Condono edilizio pendente, quali lavori sono consentiti?


In pendenza di condono di un manufatto sono consentiti solo ed esclusivamente gli interventi diretti a garantirne la conservazione.


Legittimo l’ordine di demolizione per i lavori eseguiti durante il procedimento per il rilascio del condono edilizio, se esorbitano da quelli finalizzati alla conservazione dell’immobile.

Un’articolata pronuncia del Consiglio di Stato (Cons. St. 7166/2021) di conferma della sentenza del Tar Campania (n. 2907/2020) chiarisce entro quali limiti è possibile eseguire i lavori sull’immobile durante la pendenza della domanda di condono edilizio.

Il caso

Un fabbricato posto su due livelli, di vecchia costruzione, formato da due camere, un ripostiglio, un piano ammezzato con due vani e un piano superiore con camera e terrazzini, è stato oggetto di numerosi lavori edilizi nel corso del tempo e di ripetute domande di condono. L’immobile ricadeva in zona soggetta a vincolo paesaggistico.
Il Comune aveva respinto l’istanza in sanatoria nell’anno 2016, ritenendo non condonabile l’abuso commesso in zona vincolata paesaggisticamente, e ordinando la demolizione delle opere eseguite. Nel periodo di pendenza della domanda di condono, il proprietario aveva anche realizzato ulteriori lavori edili, consistenti in lievi modifiche interne ed ulteriore ampliamento della stessa porzione del corpo di fabbrica per cui era stato chiesto il condono del 2004.

Il Comune, oltre a respingere la domanda di condono ordinando la demolizione dell’ampliamento del corpo di fabbrica, aveva emesso quindi un ulteriore provvedimento di demolizione delle opere realizzate in pendenza del procedimento di condono.

Condono edilizio pendente, le opere realizzate

Rivolgendosi prima al Tar Campania e poi al Consiglio di Stato, il proprietario lamentava che i provvedimenti demolitori impugnati erano stati emessi dal Comune senza tener conto della pendenza di una domanda di condono.

Il Tribunale amministrativo, respingendo il ricorso, ha richiamato la costante giurisprudenza in merito, secondo la quale” in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili nella loro oggettività alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o del risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale alla quale ineriscono strutturalmente, sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione”.

Precisava inoltre il TAR, che questo orientamento giurisprudenziale non intende negare la possibilità di intervenire su immobili rispetto ai quali pende istanza di condono, ma solo esige che i lavori ulteriori siano compiuti nel rispetto delle procedure di legge. Nel caso in esame, le procedure per i lavori su immobili oggetto di domanda di condono, erano previste dall’art. 35 della L. 47/1985.

Procedure di legge per il completamento delle opere in pendenza di condono

L’art. 35 della L. 47/1985, richiamato dal TAR Campania nella motivazione della sentenza in commento, consentiva il completamento dei lavori, a determinate condizioni ed osservando una particolare procedura.

Si legge infatti al comma 14: “Decorsi centoventi giorni dalla presentazione della domanda e, comunque, dopo il versamento della seconda rata dell’oblazione, il presentatore dell’istanza di concessione o autorizzazione in sanatoria può completare sotto la propria responsabilità le opere di cui all’art. 31 non comprese tra quelle indicate dall’art. 33. A tal fine l’interessato notifica al comune il proprio intendimento, allegando perizia giurata ovvero documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori abusivi, ed inizia i lavori non prima di trenta giorni dalla data della notificazione. L’avvenuto versamento della prima e della seconda rata, seguito da garanzia fideiussoria per il residuo, abilita gli istituti di credito a concedere mutui fondiari ed edilizi. I lavori per il completamento delle opere di cui all’art. 32 possono essere eseguiti solo dopo che siano stati espressi i pareri delle competenti Amministrazioni. I lavori per il completamento delle opere di cui al quarto comma dell’art. 32 possono essere eseguiti solo dopo che sia stata dichiarata la disponibilità dell’ente proprietario a concedere l’uso del suolo”.

Condono edilizio pendente, quali opere consentite?

Aldilà del rispetto delle procedure prescritte dalla normativa sul condono, il Consiglio di Stato ha centrato la decisione di rigetto del ricorso, valutando il tipo di intervento edilizio compiuto sull’immobile durante il procedimento di condono. Chiariscono i Giudici di Palazzo Spada, che in pendenza di condono di un manufatto, non tutti gli interventi edilizi sono consentiti, ma solo ed esclusivamente quelli diretti a garantirne la conservazione.

Il limite stabilito dalla giurisprudenza amministrativa è finalizzato ad evitare che sull’immobile siano eseguite “opere destinate a mutarne la struttura, i volumi, i prospetti, salvo che siano indispensabili – previa, in tal caso, necessaria preventiva interlocuzione con l’Amministrazione – al fine di consentire di stabilire quali siano i caratteri e le esatte dimensioni del manufatto abusivo per verificarne la condonabilità”.
Chiarisce infatti il Supremo Collegio che “la normativa sul condono postula la permanenza dell’immobile da regolarizzare e non ammette, in pendenza del procedimento, la realizzazione di opere aggiuntive né finanche l’impiego di materiali di costruzione diversi da quelli originari, comportanti di fatto la qualificazione dell’intervento come sostituzione edilizia, venendo meno la continuità tra vecchia e nuova costruzione e l’attuale riconoscibilità del manufatto originario oggetto dell’istanza di condono”. 

Nel caso concreto all’esame del Consiglio di Stato, i lavori edilizi eseguiti in pendenza del procedimento di condono avevano portato ad ampliamenti ulteriori del corpo di fabbrica, che esulavano quindi dalla nozione di lavori di conservazione. La sentenza ha concluso dunque per la legittimità dei provvedimenti di demolizione del Comune e per il rigetto definitivo del ricorso.

Consiglio di Stato, sentenza n. 7166/2021


Fonte: teknoring