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Equo compenso, sentenza del Cds: lavorare gratis è legittimo


Consiglio di Stato: i bandi con incarichi professionali gratis sono legittimi e l’equo compenso è valido solo se è prevista la retribuzione. Scatta la polemica.


Nuovo colpo di scena in merito all’equo compenso dei professionisti. A suscitare la discussione questa volta è la sentenza del Consiglio di Stato del 9 novembre 2021, n. 7442, che riaccende le polemiche sul disegno di legge in materia (PDL 3179) che dovrà essere discusso in Senato. In sostanza, i bandi per l’affidamento di incarichi professionali a titolo gratuito sono legittimi. L’equo compenso? Valido solo se è prevista una retribuzione. I giudici si sono pronunciati a seguito di un ricorso presentato da alcuni Ordini forensi, nei confronti di un Ministero. L’oggetto del contendere: un avviso pubblico di manifestazione di interesse per il conferimento di incarichi di consulenza a titolo gratuito. La consulenza richiesta ha come oggetto “la trattazione di tematiche complesse attinenti al diritto societario, bancario e/o dei mercati e intermediari finanziari”. Tra le richieste: “la padronanza della lingua inglese fluente”.

Equo compenso e Tar

Gli Ordini professionali forensi avevano ritenuto l’avviso illegittimamente lesivo dei loro interessi e di quelli degli iscritti. Impugnandolo davanti al Tar del Lazio (ricorso rubricato al n.r.g. 3632/2019). Il Tribunale amministrativo aveva respinto l’istanza, con le seguenti motivazioni:

  • la gratuità dell’attività da prestare è compatibile con le norme e i principi del diritto interno ed europeo;
  • non si individuano specifici divieti in tal senso nell’ordinamento, neppure sulla base delle previsioni settoriali del Codice deontologico;
  • la disciplina dell’equo compenso invocata dagli Ordini ricorrenti a sostegno della propria tesi non si attaglia alla fattispecie concreta. In ogni caso, non è di ostacolo a che i professionisti prestino attività di carattere gratuito.

Certo, per il Tar “laddove la prestazione si svolga a titolo oneroso, il compenso pattuito deve necessariamente essere equo sulla base del quadro normativo vigente (art. 36 Cost.; art. 13-bis, l. n. 247/2012)”.

Contratti pubblici e ANAC

Ma c’è di più. Secondo il Tar i professionisti otterrebbero “vantaggi di natura diversa dall’espletamento dell’attività a titolo gratuito, in termini di maturazione di esperienze personali, di arricchimento professionale, curriculare”. Inoltre, la gratuità “non contrasta con i principi in tema di buon andamento ed efficienza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.)”. Non è dimostrato, infatti, alcun nesso di cattiva influenza tra l’assunzione di un incarico gratuito da parte del professionista e il suo svolgimento in maniera competente, professionale, decorosa e dignitosa. Secondo gli Ordini forensi, invece, l’avviso pubblico impugnato sarebbe elusivo:

  • della normativa in materia di contratti pubblici, e in particolare del d.lgs. n. 50/2016;
  • delle linee guida ANAC n. 12 sull’Affidamento dei servizi legali approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 907 del 24 ottobre 2018;
  • della disciplina legislativa in materia di equo compenso.

Le ragioni del Consiglio di Stato

Successivamente si è espresso il Consiglio di Stato. Secondo cui “la normativa sull’equo compenso sta a significare soltanto che, laddove il compenso sia previsto, lo stesso debba necessariamente essere equo”. Ma dalla disposizione non può ricavarsi che “lo stesso debba essere sempre previsto (a meno di non sostenere, anche in questo caso, che non vi possa essere alcuno spazio per la prestazione di attività gratuite o liberali da parte dei liberi professionisti)”.

Altra questione, la paventata violazione della disciplina dei contratti pubblici (d.lgs. n. 150/2016) e delle linee guida dell’ANAC n. 12 sull’affidamento dei servizi legali. Anche in questo caso, il Consiglio di Stato dà ragione al Tar: i requisiti principali della manifestazione di interesse “non corrispondono ad alcuno degli elementi costitutivi e caratterizzanti il rapporto di lavoro autonomo o l’affidamento mediante appalto dei servizi legali”.

Le reazioni alla sentenza sull’equo compenso

Confprofessioni

Vibranti le reazioni alla sentenza del Consiglio di Stato. A cominciare da Confprofessioni. Secondo il presidente Gaetano Stella si delinea un quadro paradossale: “Il professionista ha diritto a un compenso equo, ma soltanto a condizione che venga pagato. È sconcertante che la stessa sentenza riconosca il diritto del professionista a essere pagato secondo il principio di equità, ma allo stesso tempo che tale principio divenga esigibile soltanto nel caso in cui il compenso sia effettivamente previsto”. In tal senso “Assume ancor più rilevanza il lavoro che il Senato sarà chiamato a svolgere sulla proposta di legge recentemente approvata dalla Camera. Correggendo le criticità che avevamo già evidenziato nelle scorse settimane. A cominciare dalla norma che in caso di affidamento di incarichi sotto soglia vedrebbe sanzionato il professionista sottopagato invece del committente inadempiente”.

Colap

Ancora più dura la presa di posizione del Colap, il Coordinamento delle libere associazioni professionali. Secondo cui “Il lavoro senza compenso è offensivo per la dignità del professionista. Basta con i bandi pubblici che non prevedono un pagamento per le attività svolte”. Emiliana Alessandrucci, presidente Colap, aggiunge: “Il lavoro deve essere pagato sempre ed è preoccupante che sia proprio il pubblico a non rispettare questo assunto. Si tratta dell’ennesima dimostrazione del fatto che la norma sull’equo compenso è scritta male e non tutela realmente i professionisti italiani”. La nuova proposta di legge non allarga il campo di applicazione a tutte le funzioni della Pa e rischia di generare ancora più confusione, con una serie di norme non chiare che potrebbero peggiorare la situazione invece di migliorarla.

Consiglio di Stato, sentenza 9 novembre 2021, n. 7442


Fonte: teknoring