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COP26, cosa sta succedendo a Glasgow (e cosa succederà)?


Domenica 31 ottobre è cominciata la COP26: come siamo arrivati a questa kermesse che durerà 13 giorni: con quali basi? Con quali presupposti? E quali sono i risultati attesi?


Da quando è cominciata, domenica 31 ottobre, si sono spese molte parole a proposito della COP26 di Glasgowanalisi di quanto detto, di quanto promesso, di quanto dichiarato o fatto trapelare, persino analisi delle intenzioni.

Eppure, la COP26 durerà fino al 12 di novembre, e neanche dopo potremo limitarci all’analisi delle conclusioni, ma occorrerà monitorare giorno per giorno quanto, e come, di quello detto verrà implementato, o meno.

In questi frenetici giorni, allora, forse è meglio chiedersi come siamo arrivati a questo appuntamento, con quali basi, con quali presupposti, in modo da poter contestualizzare, quando verrà il momento di farlo, i risultati.
Detto in altri termini, in modo da poter capire (e valutare) se la premesse erano (sono, adesso) adeguate agli obiettivi che ci si era (è) posti.

Il programma della COP26 per le strategie condivise

Nei 13 giorni della kermesse si parlerà di tutto. Dalle dichiarazioni di intenti all’uso del suolo, dalle azioni di mitigazione a quelle di adattamento, passando per la finanza sostenibile, la decarbonizzazione, i giovani e la YOUNGO, la tutela degli oceani, la deforestazione, la gestione della crisi, le donne e i motori (ma in chiave green…), le città, l’edilizia. Tanto per fare qualche esempio.

YOUNGO è la rappresentanza ufficiale dei giovani presso il Segretariato della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), e partecipa in quanto osservatore ai negoziati per il clima durante la Conferenza sul Clima delle Nazioni Unite (COP).

E di tutte le modalità attraverso le quali ognuno di questi temi può contribuire alla transizione ecologica, da solo e in quanto parte del tutto, in una simbiosi inestricabile di interessi, aspettative, luoghi, temi, persone, problemi, necessità.
Insomma, un programma corposo, che è impossibile analizzare con superficialità, nello spazio di qualche slogan dal sapore semplificatorio.
Da qualsiasi parte provengano.

I futuribili aiuti di Stato…

Mentre il Consiglio europeo era intento ad approvare la posizione da tenere nell’ambito dei lavori della COP26 (30 punti nei quali si pone l’accento sull’estrema urgenza di intensificare la risposta globale per far fronte all’emergenza climatica e si sottolinea la necessità di una transizione climatica giusta ed equa in tutto il mondo), la Commissione europea ha invitato gli Stati membri e tutti gli altri portatori di interesse a “presentare osservazioni su alcune proposte di modifica del regolamento generale di esenzione per categoria”.
Stiamo parlando del regolamento che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno: l’obiettivo della revisione proposta è quello di “integrare le modifiche apportate ad alcuni orientamenti e discipline in materia di aiuti di Stato che sono attualmente in fase di revisione e di agevolare ulteriormente i finanziamenti pubblici a favore delle transizioni verde e digitale dell’UE”.
Un passo significativo – anche se da solo non risolutivo – verso i fatti: non bastano i “bla bla bla”, ma occorre che questi ultimi, per quanto validi, siano, oltre che contestualizzati, messi in pratica. E per questo occorrono denari. Parecchi denari.

Le nuove norme – si legge nel comunicato stampa – “contribuiranno a gettare delle solide basi per un’economia sostenibile, in un momento di ripresa dagli effetti della pandemia di coronavirus”.
In estrema sintesi, il regolamento generale di esenzione per categoria:

  • stabilisce che alcune categorie di aiuti di Stato sono compatibili con il trattato, a condizione che soddisfino determinate condizioni, e
  • le esenta dall’obbligo di notifica preventiva alla Commissione e di autorizzazione da parte di quest’ultima.

Le modifiche proposte

  • La Commissione Ue propone una serie di modifiche al regolamento relative agli aiuti a favore della tutela ambientale e dell’energia, di ricerca/sviluppo/innovazione, a finalità regionale e per il finanziamento del rischio.

  • Gli aiuti a favore della tutela ambientale e dell’energia consistono nella necessaria sintesi che accompagna le dichiarazioni di intenti:

1. nell’ampliare le possibilità di cui dispongono gli Stati membri per fornire sostegno a vari tipi di progetti green, quali la riduzione delle emissioni di CO2, il ripristino degli habitat naturali e degli ecosistemi, la protezione e il ripristino della biodiversità, i veicoli puliti o a zero emissioni e le infrastrutture di ricarica e rifornimento;

2. nell’introduzione di nuove condizioni «verdi» che le grandi imprese a forte consumo di energia dovranno rispettare per beneficiare di aiuti sotto forma di riduzione delle aliquote fiscali;

3. nel tenere conto del ruolo accresciuto dello stoccaggio ai fini dell’integrazione dell’energia rinnovabile nel sistema dell’energia elettrica;

4. nell’agevolare gli investimenti nell’idrogeno verde;

5. nell’incentivare progetti ambiziosi di ristrutturazione edilizia, introducendo un «bonus verde» “(ovverosia intensità di aiuto più elevate che beneficiano dell’esenzione per categoria) per gli aiuti destinati a migliorare le prestazioni energetiche degli edifici”.

  • Gli aiuti a favore di ricerca/sviluppo e innovazione mirano a semplificare le condizioni di concessione di aiuti senza obblighi di previa notifica e di autorizzazione, “ad esempio prevedendo la possibilità di calcolare i costi indiretti dei progetti di R&S attraverso un approccio semplificato al calcolo dei costi e introducendo nuove norme di compatibilità per il sostegno alle infrastrutture di prova e di sperimentazione (definite anche «infrastrutture tecnologiche»)”.

  • Estendere anche alle zone scarsamente popolate la possibilità di concedere aiuti al funzionamento per prevenire o ridurre lo spopolamento (finora ammissibile solo per le zone a bassissima densità demografica) è uno degli esempi che si possono fare, parlando degli aiuti a finalità regionale.

  •
 Chiarire e razionalizzare le norme sugli aiuti al finanziamento del rischio, ed ampliare il campo di applicazione degli aiuti alle start-up, “includendo gli aiuti sotto forma di trasferimento dei diritti di proprietà intellettuale (DPI) da un organismo di ricerca in cui sono stati sviluppati i DPI sottostanti a piccole imprese innovative che devono immettere sul mercato nuovi prodotti o servizi”, infine, sono i principali obiettivi del finanziamento del rischio.

…e l’outlook sulla transizione energetica

Il World Energy Outlook 2021 pubblicato dall’IEA mostra che la transizione energetica – una delle componenti della transizione ecologica, quella che, forse, almeno nel breve periodo, è considerata la più impattante – non sta procedendo abbastanza velocemente per raggiungere le zero emissioni entro il 2050.

Nel 2020 – esordisce il documento – anche mentre le economie “si piegavano sotto il peso dei lockdown”, le rinnovabili come l’eolico e il fotovoltaico sono cresciute rapidamente. Tutti ad esclamare che “ci voleva il lockdown per capirlo!”, e a immaginare repentini cambiamenti in chiave smart e green.

Al momento, tuttavia prosegue il suo racconto l’IEA – ogni dato che mostra la velocità del cambiamento nel settore energetico sembra essere annullato da altri dati, che dimostrano la “caparbietà dello status quo”: la rapida ma irregolare ripresa economica dalla recessione indotta dal Covid-19, infatti, “sta mettendo a dura prova parti del sistema energetico odierno, innescando forti aumenti dei prezzi nei mercati del gas naturale, del carbone e dell’elettricità”.
Morale: stiamo assistendo ad un “rimbalzo” nell’uso del petrolio e del carbone, che sta producendo il “secondo aumento annuo delle emissioni di CO2 nella storia”. 

La direzione di marcia è molto lontana dall’allineamento con lo scenario Net Zero Emissions by 2050 (NZE) dell’IEA, pubblicato nel maggio 2021, che traccia una tabella di marcia stretta ma realizzabile per una stabilizzazione di 1,5 °C nell’aumento delle temperature globali e il raggiungimento di altri obiettivi di sviluppo sostenibile legati all’energia.

Quindi, è vero che sta emergendo una nuova economia energetica globale, ma la trasformazione ha ancora molta strada da fare.

L’acqua calda, l’analisi, il contesto

Un po’ come scoprire l’acqua calda, verrebbe da dire nel leggere i risultati dell’outlook dell’IEA.
A prima vista.
In realtà, questa analisi è un’opportunità per contestualizzare le parole finora spese per commentare la COP26, e per aprire uno squarcio sul modus operandi che si potrebbe seguire.
Nel testo dell’articolo ho messo in grassetto alcune keywords che possono contribuire, sulla scia di quanto affermato dall’IEA, ad aprire un dibattito che vada oltre il contingente: “parole, analisi, presupposti, simbiosi inestricabile, slogan (da qualsiasi parte provengano), passo significativo (anche se da solo non risolutivo), “bla bla bla” (da contestualizzare e mettere in pratica), bonus verde”.

È ovvio che siamo solo all’inizio – la presa di coscienza è avvenuta di recente – e nonostante ci siano le tecnologie in grado di accelerare i processi, abbiamo a che fare con ritrosie culturali e politiche che non possono essere cambiate “per legge”: occorre tempo.
E occorre sapere come fare accadere le cose, che non accadono “per bacchetta magica”.

Follow the money: la collaborazione

E certo, ci vogliono soldi. Tanti. Tantissimi.
Altra acqua calda si aggiunge nel calderone delle elucubrazioni.
Ma bisogna saperli spendere, in modo che generino investimenti “ancora più green”, nello spirito del miglioramento continuo che dovrebbe permeare ogni sistema di gestione: anche quello che deve governare la transizione ecologica.
Ecco allora che quelle keywords possono costituire l’ossatura di altre, nuove premesse, di un altro racconto, da un altro punto vista, scevro da ideologie ed improntato al fare le cose, al farle accadere: e la finanza verde può dare un grande contributo in questo percorso.

Può indirizzare gli investimenti per la transizione. Transizione che dovrà diventare la normalità: da migliorare continuamente. Ma prima ancora della pecunia, occorre cambiare atteggiamento.

Non c’è mai – neanche se all’immaginario collettivo fa piacere pensarla diversamente – un “nemico unico” da combattere, una “causa delle cause” che origina “un” male, quanto piuttosto un insieme di consolidate abitudini quotidiane che, sommate fra di loro, danno origine al risultato finale.

COP26, Greta Thunberg e i giovani attivisti

Parlando con Greta Thunberg – la più nota delle attiviste ambientaliste – il nostro Premier ha fra le righe indicato la rotta da seguire per il cambiamento, e per la sua gestione. Non solo nel settore ambientale.
La giovane attivista ha ragione, anche se i toni para-politici e gli slogan (che sanno molto di politica 4.0) lasciano il tempo che trovano:
  • la politica ha preso il sopravvento sulla Politica, con lo strascico di promesse infrante, di politiche insostenibili, di visioni miopi e di occasioni perdute, e
  • giovani sono quelli che hanno più da rimetterci, e (anche) per questo devono essere coinvolti, ma non in un modo qualunque: in modo significativo!
Dobbiamo agire ora, che la Politica – anche se non per scelta, ma per necessità – ha ripreso il suo ruolo, e finalmente abbiamo al timone una squadra che sembra in grado di fare scelte in un contesto più ampio (IL contesto che deve essere preso in considerazione quando si parla di cambiamenti climatici): in questo nuovo scenario, anche Mario Draghi ha ragione, e anzi riconoscendo leadership all’interlocutore (i giovani: Greta è “solo” la portavoce più conosciuta) apre con poche, semplici, parole uno squarcio sul come affrontare il futuro: una collaborazione fra generazioni, con visioni ed aspettative inevitabilmente contrapposte eppure così vicine, grazie alla quale il “tutto e subito” riesca a conciliarsi con la competenza e la necessità di mediare fra interessi ed esigenze contrastanti, che inevitabilmente richiede del tempo.
“Dicono che c’è un tempo per seminare, e uno più lungo per aspettare. Dico che c’era un tempo sognato che bisognava sognare”, canta Ivano Fossati: forse questo è il tempo per fare ciò che tutti sappiamo deve essere fatto.
Insieme: in modo giovanile, attributo non anagrafico, ma mentale.

Fonte: teknoring