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Legittima l’occupazione di suolo pubblico per lavori di manutenzione?


Se il ponteggio danneggia l’attività commerciale adiacente gli interessi collettivi all’esecuzione dei lavori di messa in sicurezza del condomino prevalgono.


L’occupazione di suolo pubblico, concessa per motivi di interesse collettivo come ad esempio la riqualificazione di un immobile fortemente degrado, è un provvedimento “vincolato” che non necessita di comunicazione di avvio del procedimento. L’interesse pubblico prevale in ogni caso sugli interessi commerciali dei terzi. Lo ha stabilito il T.A.R. Lombardia nella sentenza n. 2244/2021 (disponibile a fondo pagina).

Il caso

La vicenda giudiziaria nasce a causa della collocazione di un ponteggio sulla Darsena Milanese, dove un condominio doveva eseguire lavori di manutenzione ordinaria delle facciata e di rifacimento del manto di copertura. La presenza del ponteggio, autorizzato dal Comune, arrecava danno ad un bar ristorante adiacente al Condominio, ostacolandone la visibilità e l’ingresso degli avventori del locale.

La proprietaria del ristorante presentava quindi ricorso contro il Comune di Milano e contro il Condominio, per chiedere l’annullamento della concessione temporanea del suolo pubblico, lamentando di non aver ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento, che le avrebbe consentito di far valere le proprie ragioni nel contraddittorio con l’amministrazione. Inoltre, secondo la ricorrente, la concessione non sarebbe stata adeguatamente motivata.

L’interesse pubblico al recupero urbano e alla riqualificazione degli edifici

Il Comune si difendeva sostenendo che a fondamento dell’atto di concessione, vi fosse l’interesse pubblico alla difesa della qualità urbana, del decoro e dell’incolumità. Secondo il Regolamento Edilizio del Comune di Milano (art..11 e 12), i proprietari degli immobili hanno l’obbligo di mantenere le costruzioni in condizioni di agibilità, decoro, idoneità igienica e sicurezza socio ambientale, assicurando tutti i necessari interventi. L’’interesse pubblico” è dunque sotteso alle opere di recupero urbano e di riqualificazione sociale e funzionale di aree o edifici.

Visto che, nel caso in esame, il condominio si trovava in stato di forte degrado, i lavori di manutenzione della facciata e della copertura costituivano un dovere, prima ancora che un diritto, per i condomini.

Quando può essere vietata l’occupazione di suolo pubblico

Il Tribunale Amministrativo ha condiviso l’impostazione difensiva dell’ente. L’occupazione di suolo pubblico, si legge nella sentenza, “può essere vietata per motivi di interesse generale, per contrasto con disposizioni di legge o regolamento, nonché per eventuali prescrizioni, a tutela del decoro, della viabilità, e della sicurezza e pertanto, a tutela di interessi pubblicistici, in questo caso, correttamente tutelati dal provvedimento impugnato.”

Per il T.A.R. dunque, il provvedimento era sufficientemente motivato, e neppure necessitava di comunicazione di avvio del procedimento.

Concessione suolo pubblico come atto vincolato

Si legge nella sentenza in commento che il contenuto della concessione di suolo pubblico, nel caso di interventi di recupero e riqualificazione di edifici, è un provvedimento “sostanzialmente vincolato”. Per questo motivo non era necessaria la comunicazione di avvio del procedimento, posto che il contraddittorio procedimentale non avrebbe potuto portare ad un diniego dell’atto.

Gli interessi commerciali sono recessivi rispetto all’interesse pubblico

Altra questione sollevata dalla ricorrente nel ricorso, riguardava la salvaguardia del suo “diritto di affaccio”. Il ponteggio determinava infatti l’oscuramento del locale, ed inoltre il condominio aveva sfruttato gli spazi occupati dai ponteggi a fini pubblicitari, con ulteriore aggravio del danno al ristorante adiacente. La difesa della proprietaria lamentava il fatto che la concessione dovrebbe essere rilasciata “fatti salvi i diritti dei terzi”.

Ma il Tribunale amministrativo non ha condiviso questa impostazione, richiamando la giurisprudenza consolidata, secondo cui “l’esistenza di un’autorizzazione che faccia salvi i diritti dei terzi, esplica infatti i suoi effetti solo nel rapporto tra la pubblica amministrazione ed il richiedente, essendo invece priva di rilevanza tra privati, suscettibili ad essere tutelati mediante il ricorso ai rimedi civilistici, con la proposizione di un’azione risarcitoria, o la riduzione in pristino”.
Non solo. Chiarisce il Tar che gli interessi commerciali della ricorrente (peraltro compressi solo in via temporanea) erano da ritenere “recessivi” rispetto all’interesse collettivo all’esecuzione dei lavori di messa in sicurezza del condomino.


Fonte: teknoring