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Spese condominiali: chi paga il rifacimento del tetto?

Il proprietario del fabbricato interno al cortile deve partecipare alle spese di riparazione del tetto del fabbricato principale da cui accede?

In taluni casi, la conformazione del condominio e delle parti condominiali è tale per cui possono nascere delle difficoltà di individuazione dei soggetti obbligati al pagamento delle spese condominiali relativa ad alcune parti del condominio.

È il caso, ad esempio, del cortile condominiale ove insiste un fabbricato a cui si accede attraverso la parte (atrio o androne) del fabbricato c.d. principale.

Il proprietario del fabbricato interno cortile deve partecipare alle spese di rifacimento del tetto del fabbricato “principale” da cui accede?

Da un esame della giurisprudenza emergono soluzioni contrastanti.

Secondo un orientamento risalente ma richiamato da una recente sentenza Cassazione civile sez. VI – 07/10/2019, n. 24927 con riferimento al tetto non sarebbe ammissibile una ripartizione della spesa per zone: cioè, non è possibile porre la detta spesa solo a carico dei proprietari delle unità immobiliari (appartamenti, cantine etc.) poste nella verticale sottostante alla zona del tetto da riparare (Cass. civ., Sez. II, 06/07/1973, n. 1923).

Quanto alla ripartizione delle spese l’art. 1123 c.c. non impone di procedere a proiezioni ortogonali per individuare i condomini tra i quali va ripartita la spesa di riparazione del tetto.

Il problema sorge però nel caso in cui l’organismo edilizio condominiale sia coperto da una pluralità di tetti che servono a gruppi di condomini distinti.

Può essere il caso in cui emerga la necessità di “rifare” il tetto del fabbricato c.d. principale per cui ci si chiede se le spese possano essere poste anche a carico del proprietario del basso fabbricato ubicato nel cortile e che “non si servirebbe” del tetto del fabbricato c.d. principale se non per il passaggio nell’androne o atrio comune, situato sotto detta copertura.

L’art. 1123 c.c. individua tre criteri di ripartizione delle spese condominiali, in base al valore della proprietà, all’uso e all’utilità.

Tra questi soltanto il primo è proporzionato alla quota di comproprietà (o millesimi) che ciascun condomino ha sui beni condominiali, mentre gli altri due prescindono totalmente da questa, essendo commisurati esclusivamente al loro uso o alla loro utilità.

La sentenza del 2019, confermando l’orientamento che pare essere quello maggioritario, ha stabilito che le parti dell’edificio in condominio – quali, nella specie, muri e tetti ex art. 1117 c.c., n. 1 (ovvero le opere ed i manufatti fognature, canali di scarico e simili ex art. 1117 c.c., n. 3), deputati a preservare l’edificio condominiale da agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d’acqua, piovana o sotterranea, rientrano, per la loro funzione necessaria all’uso collettivo, fra le cose comuni, le cui spese di conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi della prima parte dell’art. 1123 c.c., non ricomprendendosi, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all’art. 1123 c.c., commi 2 e 3.

Invero, un altro orientamento giurisprudenziale che, parimenti conferma l’obbligo in capo a tutti i condomini di partecipare alla spesa di rifacimento del tetto, precisa che in applicazione dei criteri legali di ripartizione delle spese, stabiliti dal comma 3 dell’art. 1123 c.c., coordinato con quanto stabilito dall’art. 1126 c.c. (sul lastrico solare di uso esclusivo) le spese di manutenzione e conservazione di tetti, latrici solari e lastrici solari di uso esclusivo devono essere ripartite a carico delle sole unità immobiliari che se ne servono, ovvero che ricadono in tutto od in parte nella loro proiezione verticale, ivi comprese quelle che ne hanno un vantaggio indiretto, come nel caso in cui siano coperte anche aree o volumi condominiali (ad esempio, androni, scale, atri, portici, cortili ecc.), il tutto sempre in misura proporzionale all’utilità che ne traggono (art. 1123, comma 3 c.c.).

La sentenza del 2019, viceversa, afferma che la ripartizione delle spese di manutenzione proporzionate all’uso delle cose comuni o correlate all’utilità che se ne tragga non si giustifica con riferimento a quelle parti, come il tetto o la facciata, che costituiscono le strutture essenziali ai fini dell’esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato e che sono destinate a servire in maniera eguale ed indifferenziata le varie unità immobiliari dell’edificio (cfr. Cass. Sez. 2, 03/01/2013, n. 64; Cass. Sez. 2, 04/05/1999, n. 4403; Cass. Sez. 2, 29/04/1993, n. 5064; Cass. Sez. 2, 27/11/1990, n. 11423; Cass. Sez. 2, 22/12/2014, n. 27154).

In una risalente decisione (Cass. Sez. 2, 06/07/1973, n. 1923) è stato spiegato come il principio della proporzione fra quota di proprietà e concorso nei vantaggi e nei pesi della cosa comune vige allo stato puro nella comunione, mentre non è sufficiente nel condominio, giacchè, essendo tale istituto caratterizzato dalla coesistenza di un regime di comunione con molteplici proprietà individuali, l’intensità del godimento delle cose ed impianti comuni da parte dei condomini può obiettivamente risultare diversa a seconda del rapporto in cui con quelle cose ed impianti si trova (di fatto) il bene oggetto di proprietà esclusiva; di tal che, in sede di riparto delle spese di manutenzione del tetto, quel che veramente rileva non è tanto l’appartenenza del tetto medesimo ad alcuni o a tutti i condomini, quanto la funzione di copertura, senza che con ciò, peraltro, si possa dire che solo i proprietari dei vani posti nella verticale sottostante alla zona da riparare siano tenuti alla relativa spesa, poichè non può, almeno in linea generale, ammettersi una ripartizione per zone di un medesimo tetto.

Peraltro, a conferma, l’articolo 1117, 1° comma, del Codice Civile, include espressamente l’indicazione del tetto quale parte condominiale dell’edificio.

Quindi, questa porzione dello stabile deve intendersi di proprietà di tutti i condòmini, salvo che il titolo (il regolamento di condominio) disponga diversamente.

Si segnala, però, che la Corte di Cassazione in altra pronuncia (più risalente) ha annullato una sentenza del un giudice di merito che aveva posto le spese di rifacimento del tetto e della facciata di un edificio dotato di un cortile condominiale nel quale sorgeva una costruzione separata dal caseggiato anche a carico dei proprietari di questa costruzione ed in proporzione del valore delle loro proprietà, esclusivamente valorizzando la circostanza che per accedere alla costruzione separata era necessario servirsi dell’androne dell’edificio e del cortile comune (Cass. civ., Sez. II, 13/07/1996, n. 6359).

Ne conseguirebbe che le spese di manutenzione e conservazione delle cose e degli impianti che servono solo una parte del fabbricato, formando oggetto di condominio separato, debbono essere sostenute solo dai proprietari delle unità immobiliari di questa parte, e non dagli altri, secondo il principio generale del comma 3 dell’art. 1123 c.c.

Quanto statuito con la sentenza del 2019, però, sembra maggiormente compatibile con la normativa di cui al Codice Civile.

La sentenza, in sintesi, stabilisce che, per le caratteristiche strutturali e funzionali dell’edificio, le spese per l’intervento manutentivo del tetto del fabbricato, che è destinato anche alla protezione dell’atrio (o androne) comune, devono essere ripartite tra tutti i condomini poiché tutti sono interessati alla riparazione del medesimo tetto (in tal senso, già Cass. Sez. 2, 29/04/1968, n. 1352), quindi, anche dai condomini proprietari solamente del basso fabbricato nel cortile del Condominio.

Con riferimento, infine, ai criteri di riparto, la medesima Sentenza, in maniera più coerente rispetto alla normativa, stabilisce che non può trovare applicazione il regime sulle spese stabilito dall’art. 1126 c.c., (cui si riferisce Cass. Sez. 6 – 2, 10/05/2017, n. 11484), il quale disciplina soltanto le riparazioni o ricostruzioni del lastrico solare, propriamente inteso, di uso esclusivo, ossia di quella superficie terminale dell’edificio dotata di accessibilità ed adibita, quale accessorio, oltre che alla funzione di copertura, alla utilizzazione esclusiva di uno degli appartamenti in forza di diritto, di carattere reale o personale, che risulti dal titolo.

Solo allorquando il tetto dell’edificio in condominio è di proprietà esclusiva di uno dei partecipanti, si è ritenuto in giurisprudenza che le spese di manutenzione dello stesso dovessero ripartirsi con i criteri di cui all’art. 1126 c.c., come, appunto, stabilito per i lastrici solari di uso esclusivo (Cass. Sez. 2, 30/01/1985, n. 532).

Fonte: Avvocato Federico Vidali – https://www.altalex.com/documents/news/2021/02/25/spese-condominiali-chi-paga-il-rifacimento-del-tetto